Last updated on Luglio 21st, 2021 at 09:14 am
A stretto giro, il presidente del Consiglio dei ministri, Mario Draghi, ha fatto avere, ieri, la propria risposta alla «Nota verbale» con cui la Santa Sede ha chiesto d’intervenire sul «ddl Zan» per neutralizzarne le violazioni del Concordato e lo ha fatto lavandosene le mani in Senato: «Senza entrare nel merito della discussione parlamentare, che il governo sta seguendo», ha detto, «questo è il momento del parlamento, non è il momento del governo». E ha aggiunto: «La laicità non è l’indifferenza dello Stato rispetto al fenomeno religioso, bensì tutela del pluralismo e delle diversità culturali».
Frasi, quelle di Draghi, che, come le giri, stanno, tanto sono vuote. Tanto sono inutili, se non ad avallare la bufala secondo cui la libertà religiosa è il relativismo, cosa che invece non è affatto.
Ma è il «ddl Zan» che ora preme. Draghi non ha alcuna voglia di sanare la ferita grave che, se il «ddl Zan» fosse approvato diventando legge, si aprirebbe nei rapporti fra Santa Sede e Italia. Non ha alcuna voglia di vedere che il «ddl Zan» viola le coscienze e la libertà, pretendendo di vendere a caro prezzo quello che in realtà già la legge italiana fa (proteggere i discriminati e chi subisca violenza). Gli bastano il relativismo e la bacinella di Ponzio Pilato.
Il che conferma che avevamo visto lungo quando, mentre l’Italia osannava l’avatar insediatosi a Palazzo Chigi, ci domandavamo come avrebbero fatti certuni e certe forze politiche ad abbracciare Draghi assieme a quelli che sostengono il «ddl Zan» e al contempo a bocciare il «ddl Zan» contro i propri compagni di abbracci. La risposta, non solerte come quella di Draghi ieri al Vaticano, la stiamo ancora aspettando.