Dorian Gray per genitore

Il «coraggio da Internet» che alimenta la disforia ideologica di genere

Dorian Gray

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Davvero il “caso Keira Bell” non è finito con la vittoria, davanti all’Alta Corte di giustizia di Londra, per la 23nne che ha fatto causa a chi l’ha gonfiata di ormoni e altre schifezze fingendo di assecondare un suo desiderio di ignara 16enne (che già sarebbe un delitto), ma in realtà pompando violenza ideologica sugli adolescenti.

Non è finito perché una vittoria di questa portata sbugiarda per intero e in radice tutte le ubbie dell’ideocrazia LGBT+, ma proprio per questo, a quegli occhi, non può restare impunito. La rete, per esempio, amplifica oggi (oggi?) il potere della lobby. Perché Internet garantisce l’anonimato, rende tutti guardoni della pornografia gratuita del “secondo me”, trasforma ognuno di noi in leoncino da tastiera anonimo e mezzobusto Zoom d’argilla dalla cintola in giù, giacca e cravatta per la porzione visibile a video, mutande sotto dove occhio non vede e cuore non duole.

Sì, siamo ovviamente fra chi crede che il web sia una vera manna, sempre rapiti dal provare a immaginarci cos’avrebbero fatto un san Benedetto, un Carlo Magno, un Franz Josef Haydn o un Louis Pasteur se avessero avuto il 4G, ma siamo anche fra chi sa benissimo che rete è pure sinonimo di trappola, sia per merluzzi sia per delfini intelligenti. Il web è per esempio perfetto quando si tentenna, si trema, si ha paura. Gli italiani sono un popolo di santi, poeti, navigatori e CT della nazionale, e loro e tutti gli altri cittadini nel mondo sono quelli che si spaventano da soli interpretandosi le analisi del sangue via Internet, ma che subito si rincuorano quando un Solone pari a loro ammannisce consigli non richiesti. L’importante è che la verità fittizia degli altri coincida con il proprio dubbio vero.

Internet pullula di aborto fai-da-te, di «utero in affitto», di agenzie specializzate in adulteri e in altre amenità così. Paul Conrathe, l’avvocato di Keira, si chiede adesso, sulla scia della vittoria arrisa alla sua cliente, quali siano le responsabilità del web per disastri come quelli accaduti appunto alla sua assistita.

È infatti proprio Keira a ricordare che, quando aveva dubbi, si nutriva di «coraggio da Internet». E infatti il numero dei giovani che lamenta disforia di genere aumenta. Lo spirito di emulazione nella perversione e la socializzazione dei mal di pancia sono un classico del genere umano intento a farsi la forca da sé. Il punto è che, posti di fronte ai propri figli così, molti genitori rifiutano qualsiasi aiuto, e lasciano fare. Un videogioco oggi, un post su Instagram domani e dopodomani una bella dose di ormoni per diventare maschio se sei femmina, che volete infatti che sia?, so’ raga’…

Il genitore che semina la distruzione del proprio ruolo raccoglie solo figli devastati. Chiudere allora Internet, vietare gli smartphone ai figli? Sciocchezze, la rete è sempre esistita anche prima di Silicon Valley. Certo, oggi corre più veloce, ma è questione di relatività. Quando diventa invece questione di relativismo, il punto non è vietare la comunicazione del futuro: il punto è la cittadinanza che è stata concessa all’ideologia gender mediante la nostra dabbenaggine accondiscendente. La rete infatti, che scoperta, non fa altro che trasmettere contenuti: sono i contenuti sbagliati che vanno combattuti a monte. Semplicissimo, solo che abbiamo paura di dirlo per tema che ci bollino come antidemocratici.

Un modo efficace per combattere a monte i contenuti sbagliati di qualsiasi rete di comunicazione, Internet e prima di Internet, è non lasciare mai i figli da soli con le proprie disforie davanti alla socializzazione della menzogna. Conigli da tastiera lo sono anzitutto quei genitori che hanno smesso di voler essere padri e madri.

Ovvio, questo editoriale non risolve affatto un problema micidiale: vuole solo sbattere certi genitori davanti a quello specchio dove, come in una versione aggiornata del mito di Dorian Gray, dietro la millantata liberalità, vedranno comparire soltanto il grugno demonico di chi ne violenta i figli. Keira Bell ha vinto, ma quante Keira Bell abbiamo lasciato sconfitte sul campo, quante ne lasceremo nelle mani dei pescatori di frodo di anime?

Affrontare la realtà pur se dura è il primo passo per risolverla, per esempio facendosi aiutare. Il contrappasso del nostro mondo iperconnesso e iperinformato è che certuni restano sempre più soli con il peggio di se stessi, tanti piccoli, grandi mostruosi Dorian Gray, con qualcuno che cinico plaude al circo valevole i denari investiti per allestirlo. E così, una volta tanto sul serio, le colpe dei padri ricadono sull’innocenza di figli. Nel mondo social si può cioè essere dannatamente dei Dorian soli persino dentro quel che crediamo sia ancora la famiglia Gray.

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