Doppia mastectomia a 15 anni, a 16 raccoglie fondi per ricostruirsi il seno

Bloccare la pubertà per diventare trans è letteralmente devastante

Detransizione

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Last updated on Luglio 30th, 2020 at 03:58 am

Penny ha 11 anni quando si convince che probabilmente quel che le viene suggerito online è vero: lei è transgender. Ci crede tanto da iniziare, a 13 anni, una terapia ormonale che le blocchi la pubertà e a 15, a sottoporsi a un intervento di mastectomia bilaterale per continuare la “transizione”. Ma la sua depressione peggiora fino al ricovero psichiatrico in ottobre.

«Durante il ricovero ospedaliero ho compreso il mio errore. La transizione non era la soluzione di cui avevo bisogno e non poteva eliminare i miei problemi di salute mentale». La storia di Penny la racconta su The Velvet Chronicle non un bigotto tradizionalista, ma la penna della giornalista Julia Diana Robertson: “sposata” con Claudia, la Robertson si definisce «lesbica terrorizzata» in un articolo twittato addirittura da J.K. Rowling, recentemente accusata di «transfobia».

Penny vuole tornare indietro

Il dramma dei “bambini transgender” è noto, così come lo è l’aumento dei giovani che si pentono dell’intervento chirurgico con cui hanno cambiato sesso. Ne è sorta persino un’associazione, The Detransition Advocacy Network, ma il cui profilo Twitter è per ora sospeso per «violazione delle regole»…. Nondimeno gli interventi chirurgici e i trattamenti ormonali su minori proseguono. Anzi, avvengono sempre più precocemente, molto prima che si sia raggiunto lo sviluppo cerebrale cognitivo completo, generalmente entro i 25 anni. Non abbastanza “grandi” per bere una birra al bar o per guidare l’automobile, ma già in grado di sostenere interventi invasivi e per lo più irreversibili, nonostante le statistiche mostrino chiaramente che nell’85% dei casi la “disforia di genere” diagnosticata ai bambini si risolverà al termine della pubertà, laddove questa non venga interrotta.

Le terapie proposte (e imposte) ai bambini sembrano del resto ignorare il fatto che sia impossibile per loro fornire un “consenso informato”, dal momento che non hanno ancora raggiunto uno sviluppo cognitivo adeguato a confrontarsi con queste problematiche.

Penny continua a raccontare di sé: «I miei medici non hanno tenuto conto del mio autismo», diagnosticatole dopo il trattamento ormonale e l’intervento chirurgico, «dei problemi del corpo o di altre malattie mentali quando mi hanno permesso la transizione. Il mio terapista concorda sul fatto che ero troppo giovane in quel momento e che prendere una simile decisione che avrebbe modificato per sempre la mia vita ha portato dei grossi cambiamenti in me. […] Provo ora grande disagio per l’aspetto del mio corpo e voglio solo sistemare il disordine in cui mi sono trovata. Non ho mai saputo che avrei potuto essere una ragazza ed essere me stessa senza essere giudicata. […] Dopo avere ricuperato il mio nome femminile e aver confessato il mio stato alla mia famiglia, ero completamente sconvolta per il mio intervento chirurgico. Ho iniziato a sentirmi meglio con la mia identità, essendo una donna mi sentivo molto più a mio agio. Tuttavia, avevo ancora cicatrici giganti sul petto e una parte del mio corpo era sparita.

L’assicurazione non paga la “detransizione”

Penny ha dunque fatto domanda per un nuovo intervento, stavolta per ricostruire il seno tramite impianti e riprendere l’aspetto che il suo corpo aveva prima. Una “detransizione”, insomma, che però si scontra con un nuovo ostacolo: l’assicurazione medica stavolta non intende pagare per l’intervento “elettivo” ed è così che la famiglia di Penny ha deciso di mettere mano al porcellino con il denaro accantonato per i suoi studi.

Ma nemmeno rinunciare al college sembra bastare, perché l’intervento costa ancora di più. Penny ha quindi deciso di lanciare una raccolta di fondi che ha già raggiunto quasi i 4mila dollari statunitensi e che le permetterà, alla fine del mese, di ottenere l’intervento ricostruttivo. Un giorno, come afferma The Velvet Chronicle, Penny si renderà conto di essere stata «vittima di propaganda, adescamento, abuso su minore e attacco medico violento». Eppure, i suoi “aggressori” sono – e restano – medici affermati, che continueranno a promuovere pratiche ormonali e chirurgiche invasive e definitive, su bambini, adolescenti e giovani adulti. Tutto in nome di una ideologia intoccabile, che, affermando di volere impedire discriminazioni, è pronta a negare qualsiasi evidenza.

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