Dopo il lockdown, fotografia di un Paese demoralizzato

Un’indagine autorevole evidenzia alcune luci e troppe ombre degli effetti della “serrata” sulle famiglie

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Last updated on Luglio 30th, 2020 at 04:01 am

Benché isolate dal lockdown, imbavagliate dalle mascherine e costrette a trasformare le proprie abitazioni in chiesa, ufficio, nursery, mensa, scuola e palestra, le famiglie italiane hanno retto bene il colpo. Per ora.

Le circostanze della quarantena forzata sembrano aver contribuito a rafforzare e a migliorare, nella stragrande maggioranza dei casi, le relazioni di coppia e il rapporto tra genitori e figli, con una forte aspettativa di miglioramento dell’armonia domestica anche per il prossimo futuro. Lo rileva un’indagine realizzata dal network internazionale di Rcs Sfera Mediagroup, insieme al Forum delle associazioni familiari, che ha coinvolto 12.500 nuclei. Ci si è visti e parlati di più all’interno delle quattro mura, insomma, e il beneficio è evidente.

Nel dettaglio, per il 23,8% sono migliorati la comunicazione e il dialogo; per il 29,1% la collaborazione in casa; per il 14,5% quella dei figli; e per il 13,2% se n’è giovata l’armonia familiare in generale. Ben il 48% ha detto che è migliorata la relazione con i propri figli, con un 40% che ha mantenuto questo rapporto inalterato.

L’Italia in sofferenza

Ma è anche la fotografia nitida di un Paese demoralizzato, come indica il bilancio extra moenia, ben diverso dalla prospettiva interna alle quattro mura, che solo impropriamente si considererebbe “privata”. La pandemia ha infatti coinciso con una sofferenza nella sfera sociale e politica, indicano gli intervistati, quasi unanimemente critici verso le misure adottate dal governo per contenere le conseguenze dell’emergenza CoViD-19, specie quelle per la gestione dei figli: solo il 10% si è detto soddisfatto delle soluzioni previste per il riavvio dell’anno scolastico, appena il 25% dell’estensione dei congedi parentali.

Per valutare l’impatto generale di limitazioni e incentivi, ma anche l’equilibrio raggiunto dalla comunità nazionale con un criterio più oggettivo e meno emotivo, magari occorrerebbe verificare, fra un annetto, se la terrificante curva discendente della dinamica demografica avrà invertito la tendenza attuale. Perché si può anche andare d’amore e d’accordo a casa, ma se poi si evita di proposito di trasmettere la vita, si fallisce.

Un luogo comune invoca, a parziale giustificazione del calo delle nascite, presunte condizioni di disagio dovute alle incertezze della vita professionale. Sia chiaro: non è affatto vero che, se scenderà il prodotto interno lordo, come si prevede, la soluzione siano le culle vuote. È il contrario, semmai.

Eppure fa riflettere il dato sui problemi percepiti come più insidiosi a breve (entro tre anni) e nel medio periodo (tra 20 anni). Nel primo caso, c’è la crisi economica causata dal fallimento delle aziende (68%) e l’aumento dei nuclei familiari in condizione di povertà (65%), accanto alla crescita delle differenze tra ricchi e poveri (50%). Nel secondo, oltre all’aumento del numero degli indigenti (47%) c’è la crescita esponenziale della preoccupazione per il rischio di default demografico generato dal crollo delle nascite (35%).

Le mancette non bastano

Quanto, invece, alle conseguenze già in atto in famiglia, per il 71% ci sono problemi economici, per il 52% i guai sono lavorativi, il 34% ha dovuto fare i conti con disagi legati all’assenza di servizi e con le difficoltà nella gestione dei figli. Da non sottovalutare, inoltre, il 27% del campione che ha riscontrato problemi per la salute mentale di un familiare: quasi un intervistato su otto. C’è poi, percepito in modo molto forte soprattutto nel Nord-ovest (ma non solo), il tema del rientro a scuola a settembre: è la seconda priorità d’intervento (59% degli intervistati) per le famiglie italiane, appena dietro l’assegno unico-universale, un altro messaggio lanciato a governo e istituzioni. Solo il 23%, invece, ha ritenuto opportuno inserire come priorità il reddito di emergenza e appena il 13% il bonus baby-sitter.

«L’indagine», sottolinea il presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, Gigi De Palo, «conferma che la stragrande maggioranza delle famiglie italiane sceglie la misura dell’assegno unico-universale per ogni figlio: un provvedimento efficace per restituire fiducia nel futuro ai nuclei familiari del nostro Paese. Lo spezzettamento dei contributi in bonus, incentivi, mancette non ha colto il gradimento delle famiglie. Mamme e papà vogliono qualcosa di diverso: più semplice, immediato, chiaro e facile da ottenere. È importante che il governo, in vista della legge di bilancio e del recovery fund, dia un segnale forte in tal senso. Inoltre, contrariamente a quanto paventato dai profeti di sventura, le famiglie hanno avuto giovamento dal periodo di quarantena forzata a casa, che si è rivelato essere un’opportunità per rinsaldare legami affettivi, genitoriali e di coppia e per favorire l’armonia familiare. Mamme e papà hanno le idee chiare e il polso della situazione anche rispetto alle minacce e ai timori per il proprio futuro economico e lavorativo, confermati pochi giorni fa dal dato di previsione del pil italiano. Insomma, ancora una volta, i nuclei familiari sono espressione chiara delle esigenze del Paese reale e comprendono la distanza dei provvedimenti messi in campo da quanto è più necessario per loro e per i loro figli». Ecco perché, per oltre 6 famiglie italiane su 10, l’assegno unico-universale per figlio è la proposta più urgente da mettere in campo. Che sia anche risolutiva, in assenza di un profondo cambiamento culturale della comunità nazionale, è invece tutto da vedere.

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