CoViD-19: no, non è andato tutto bene

Nel boom degli psicofarmaci il grido silenzioso dell’uomo disumanizzato

Messaggio urna san Siro Pavia

Image by Giacomo Bertoni for iFamNews

Last updated on Settembre 3rd, 2020 at 10:31 am

«Portami fortuna». Lo ha scritto su un piccolo rettangolo di carta e lo ha posto sull’urna di cristallo che custodisce il corpo di san Siro, nel duomo di Pavia. Non è solo una preghiera, quella scritta da un misterioso Vittorio: è la fotografia di un disagio crescente. Perché i primi mesi del 2020 non sono stati mesi normali. Perché il lockdown è f inito, ma l’isolamento per molti ancora no. È dunque lecito non restare troppo sorpresi di fronte all’allarme lanciato dall’Ordine dei farmacisti di Roma: a partire da marzo si è registrata un’impennata nella vendita di psicofarmaci e di integratori contro l’ansia e contro l’insonnia, del resto ben visibili sui banconi delle farmacie accanto a mascherine e gel sanificanti.

Le pillole della buonanotte

Melatonina, valeriana, escolzia, passiflora, giuggiolo, erba di san Giovanni: nomi che si rincorrono ormai anche sugli scaffali dei supermercati, nel reparto dedicato ai prodotti salutistici. E in farmacia ipnotici come Zolpidem e Zopiclone, ansiolitici benzodiazepinici come Diazepam, Alprazolam, Lorazepam. Per capirci meglio, Valium, Xanax e Tavor. Nei primi quattro mesi del 2020 le vendite di farmaci hanno segnato un +220% rispetto agli stessi mesi del 2019. E non bastano mascherine, paracetamolo e vitamina C a giustificare l’incremento. «Voglio dormire meglio»: questa è la richiesta che i farmacisti si sono sentiti ripetere sempre più spesso dall’inizio della pandemia.

Uscire di casa solo una volta a settimana per la spesa, non vedere amici e parenti se non tramite videochiamate, lavorare in smart working o starsene bloccati in ferie forzate: il ciclo sonno-veglia è andato presto in tilt. Mentre l’attenzione di tutti era concentrata sull’emergenza sanitaria, non c’è stato dunque tempo di pensare all’emergenza sociale. Ma oggi il silenzio sul tema è inspiegabile.

L’isolamento continua

Il lockdown è terminato, eppure la vita non è tornata come prima. Chiedetelo ai medici di medicina generale, che ancora si sentono confidare ansie e paure per telefono, perché andare in studio continua a fare paura. Vero, c’è la strafottenza di alcuni, la superficialità, l’arroganza. Ci sono sempre state, di fronte a qualsiasi dolore. Ma c’è anche la paura di tanti, una paura non giustificata dai numeri del CoViD-19, che fortunatamente negli ultimi mesi segnano un netto calo dei ricoveri ospedalieri.

Il bollettino quotidiano dei positivi, spesso decontestualizzato da altri dati, quali il numero dei tamponi e la gravità dei sintomi, colpisce i più fragili. Non i bulletti, pochi, che fingono di ignorare gli oltre 35mila morti italiani. Colpisce gli anziani che per paura ancora adesso non accolgono in casa neanche i nipotini. Colpisce quelli ricoverati nelle Rsa, che non vedono un volto amico ormai da mesi. Colpisce le persone senza dimora fissa: quante mense di Caritas e parrocchie sono ancora chiuse? Da mesi il pasto è consegnato solo attraverso una finestra. Un sacchetto preparato con cura, ma passato nell’anonimato di una mascherina a una fila confusa e lunga di persone, ancora più senza volto né nome.

Colpisce le famiglie, quelle famiglie che fino a prima del lockdown tiravano avanti con uno stipendio solo e ora anche quello stipendio è scomparso. Quelle famiglie che accudiscono una persona con disabilità: oggi non giungono neanche le domande di rito, neanche le frasi di circostanza. I pensieri sono tanti, troppi per ricordarsi di chi si affaccia alla vita ogni mattina con una montagna più alta degli altri da scalare.

Ancora, il bollettino quotidiano colpisce i giovani. In modo particolare i giovani precari, i giovani liberi professionisti, le partite iva appena nate. Chi si è visto rescindere un contratto, chi ha visto sfumare una collaborazione, chi si è visto ridurre il compenso, chi non sa per quanto ancora il compenso lo riceverà.

Le ferite del lockdown

E allora Vittorio, volto misterioso per i lettori ma presenza familiare per i pavesi, è quel tassello che fa rallentare l’ingranaggio. Perché certifica una delle poche certezze uscite da questi mesi bui: non è andato tutto bene. Almeno non per tutti. Solo apparentemente si è uguali, in realtà qualcuno danza un valzer nel grande salone di un transatlantico e qualcuno ondeggia all’aperto, rubando qualche nota che esce da una finestra dimenticata aperta.

In questa danza ipocrita ogni confezione di psicofarmaci venduta in più è una sconfitta per lo Stato. Soprattutto per uno Stato che ossessivamente si bea di diritti civili e di solidarietà, di accoglienza e di tolleranza, di progresso e di autodeterminazione.

L’emergenza sociale in autunno

C’è una notizia che non può però restare chiusa in redazione: l’Italia precipiterà nell’emergenza sociale, se non si tornerà a mettere al centro la dignità dell’uomo. L’Italia si scoprirà nell’occhio del ciclone se come risposta alle paure per il futuro darà alle donne una pillola di morte. Una pillola per dormire, una per calmare l’ansia, una per interrompere una gravidanza, una per tacitare la coscienza, persino una se non indossi la mascherina…: eccola qui la ricetta perfetta per un uomo disumanizzato, privato di quella voce interiore che lo rende così imprevedibile, a volte incomprensibile, sempre libero. Una ricetta che ha però gravi effetti collaterali.

La soluzione la dà Vittorio, con il suo alzare lo sguardo verso il cielo. Il gesto naturale dei marinai, che hanno bisogno di stelle per affrontare il mare. Riorientare la rotta sulla difesa della vita, dal concepimento alla fine naturale, sulla promozione della famiglia, come cellula prima della società, sulla custodia della libertà religiosa, come carburante per la ricerca della verità. Sotto la firma di Vittorio, se vogliamo, c’è posto anche per la nostra.

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