Last updated on Dicembre 12th, 2021 at 04:06 am
In un mondo che si fa sempre più ostile, la battaglia per la difesa della vita umana innocente e della famiglia naturale non conta né su tantissimi alleati né su un numero esagerato di notizie buone. Però ogni tanto capita che qualcosa si metta di traverso, facendo inciampare.
Martedì 30 novembre il Senato di Santiago, capitale del Cile, è inciampato in se stesso. Era in programma il voto su una proposta di legge, già da poco approvata dalla Camera dei deputati, mirante a legalizzare il “matrimonio” omosessuale, laddove le unioni civili omosessuali sono invece legali già dal 2015. Ebbene il voto, da parecchio tempo atteso con ardore dalle forze politiche favorevoli, la maggioranza, non c’è stato. Il parere della Commissione Affari costituzionali, che avrebbe aperto al voto immediato, è infatti stato negativo. Quindi il disegno di legge torna adesso ai parlamentari (un gruppo selezionato di senatori e deputati) affinché – ha stabilito la Commissione – mettano mano al testo e appianino i troppi disaccordi presenti in esso. Il pool designato si riunirà lunedì.
Se il disegno fosse passato con il voto del Senato, il Cile avrebbe allungato la lista dei Paesi iberoamericani dove il “matrimonio” omosessuale è legale: Costa Rica, Ecuador, Colombia, Brasile, Uruguay, Argentina e 14 dei 32 Stati che compongono la federazione del Messico. E avrebbe pure consentito alle coppie omosessuali di adottare figli.
Non solo. Alla Camera martedì era in programma anche una seconda proposta di legge, presentata originariamente nel 2018, per rendere l’aborto legale fino alla 14sima settimana di vita del bambino nel grembo della propria mamma. Se ciò avvenisse, il Cile muterebbe radicalmente e in maniera enorme, visto che attualmente l’aborto, illegale fino al 2017, lo è ora soltanto se fosse a rischio la vita della mamma, se si valutasse che il bimbo non dovesse sopravvivere alla nascita in caso di parto prematuro dettato da urgenze mediche e se la gravidanza fosse esito di stupro.
Ebbene, approvata in linea di principio in settembre, nemmeno questa seconda proposta ha visto la luce: il parlamento l’ha congelata, chiedendo anche in questo caso la revisione di un testo giudicato insoddisfacente. Il regolamento della Camera cilena stabilisce però che una medesima proposta possa essere ripresentata solo dopo un anno. E manca pure l’approvazione del Senato.
Tutto questo ha letteralmente dello straordinario, giacché le forze attive nel Paese per l’approvazione di entrambe le misure sono davvero forti, in parlamento contano su una maggioranza solida e fra i plausi alla prima vi è anche quello, pesante, del premier di Centrodestra, Miguel Juan Sebastián Piñera Echenique.
Viva il Cile, dunque ma viva anche il Portogallo, dove il presidente della repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa, ha posto il veto sulla seconda legge a favore dell’eutanasia proposta nel Paese, appena approvata dal parlamento. Non è la prima volta che Rebelo mette i bastoni fra le ruote agli alfieri della morte. Ora, il parlamento portoghese decadrà il 5 dicembre, fra pochissimi giorni, e un nuovo provvedimento per la morte non potrà essere presentato prima delle elezioni, il 30 gennaio. Se a quel punto vi fosse una maggioranza parlamentare diversa, l’incubo eutanasia si allontanerebbe da Lisbona. Certo, nel Paese iberico vita e famiglia soffrono anche di altri problemi, ma il bicchiere mezzo pieno va evidenziato.
Perché è così. A volte le cose belle e inaspettate succedono.