Censura di Stato al sito abortista: il paradosso della Spagna di Sánchez

«Women on Web» bloccato perché fornisce farmaci di origine sconosciuta. Eppure il governo socialista è paladino dell’agenda progressista

Pedro Sánchez e Pablo Iglesias

Pedro Sánchez e Pablo Iglesias, leader di Podemos - Image from Wikimedia Commons

Last updated on Agosto 21st, 2020 at 08:56 am

Aborto libero, anche per le minorenni. In Spagna, nel patto di governo tra socialisti e sinistra estrema di Podemos, è previsto «l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza per tutte le donne», comprese quelle che sarebbe meglio definire ragazze, ossia le sedicenni. L’accordo intende cancellare una riforma varata nel 2015 dal governo di Mariano Rajoy, che vincolava al permesso dei genitori l’aborto per le giovani tra i 16 e i 18 anni. Si trattava dell’unico aspetto sopravvissuto della “riforma Gallardon”, dal nome dell’allora ministro della Giustizia, Alberto Ruiz-Gallardón Jiménez: un progetto di legge mirato a rendere più restrittiva la legge sull’aborto, approvata nel 2010 dal governo di José Luis Rodríguez Zapatero.

La censura al sito abortista

Eppure, nella Spagna guidata da un esecutivo a tinte rosse, fortemente impegnato in favore dell’aborto, succede pure che un sito abortista finisca nel mirino della censura di Stato. È il caso di «Women on Web», piattaforma internazionale che offre assistenza online alle donne che vogliono interrompere la gravidanza. Il sito è tradotto in 22 lingue e visitato mensilmente da circa 2milioni di persone. Tra i vari servizi fornisce anche contraccettivi e pillole. La decisione spagnola è arrivata in gennaio e ha sorpreso i gestori del servizio virtuale. Come riporta il portale statunitense «PRI’s The World», Leticia Zenevich, avvocato per i diritti umani che rappresenta «Women on Web», ha affermato che la Spagna è il primo Paese europeo a censurarli. La legale ha aggiunto che il blocco è avvenuto improvvisamente ed è continuato durante tutto il lockdown, periodo che altrove ha moltiplicato gli accessi.

La spiegazione del ministero dell’Interno

Un rappresentante del ministero dell’Interno spagnolo ha spiegato che la decisione governativa è stata dettata dal divieto, vigente nel Paese iberico, di acquisto di farmaci senza prescrizione medica. «L’Agenzia spagnola per i medicinali e i dispositivi medici non può assumersi la responsabilità di medicinali di origine sconosciuta, che non sono autorizzati in Spagna e non sono amministrati sotto controllo medico», si legge in una dichiarazione del Ministero. Nello stesso documento, tuttavia, si precisa che «Women on Web» offre servizi di «grande valore» per le donne nei Paesi in cui l’aborto non è legale. Ma il Ministero ritiene tali servizi non necessari in Spagna, dove l’aborto è legale nelle prime dodici settimane di gravidanza.

Aborto in Spagna

Soltanto nel 1985 Madrid ha introdotto l’aborto, ma limitandolo ai casi di gravi rischi per la salute fisica o psichica della donna, stupro o malformazioni fisiche o mentali del feto. Poi, 25 anni dopo, la riforma Zapatero che ha liberalizzato la pratica, in ogni caso, fino alla 14esima settimana senza l’obbligo del parere medico e senza il consenso dei genitori per le minorenni. Adesso il governo guidato da Pedro Sánchez intende riavvolgere quel filo solo in minima parte sfibrato dall’interregno dei Popolari al governo. Il paradosso, tuttavia, è sempre dietro l’angolo. È così che su «Women on Web» si abbatte la censura di Stato.

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