Last updated on Ottobre 25th, 2020 at 03:28 am
Non tutto il mondo è paese. Tra gli Stati membri dell’Unione Europea, sull’approccio a temi valoriali risaltano differenze tali da rendere una chimera la tanto decantata promozione di valori comuni. Esempio esplicativo: mentre in Italia la maggioranza di governo intende far passare per legge una sorta di celebrazione LGBT+ nelle scuole, nella non distante Ungheria il premier in persona, Viktor Orbán, alza una barriera immateriale dinnanzi al tentativo di persuadere i bambini all’ideologia gender attraverso un eccentrico libro di fiabe.
L’uscita del libro
La questione sta attirando le attenzioni dell’opinione pubblica nazionale. Il 21 settembre una casa editrice (Labrisz Leszbikus Egyesület) ha dato alle stampe il volume Meseország Mindenkié («Il mondo delle favole è per tutti»). Si tratta di un’antologia di fiabe tradizionali rivisitate in chiave «inclusiva» o, meglio, «politicamente corretta». Addio principi azzurri e caste damigelle, i nuovi protagonisti sono – tra gli altri appartenenti a varie minoranze – una Cenerentola lesbica e un drago transgender. L’editore ha affermato che è il primo libro per bambini sulle persone LGBT+ in lingua ungherese: «Volevamo dare voce a chi non ne ha».
Le polemiche
Tuttavia l’idea che questa «voce» possa sussurrare messaggi gender nelle orecchie dei bambini non è piaciuta. Sono già quasi 90mila gli ungheresi che hanno aderito a una petizione di CitizenGo per chiedere alle librerie di togliere dai propri scaffali questa raccolta di fiabe. Ha inoltre fatto molto discutere il gesto di Dúró Dóra, deputata e vicepresidente del partito nazionalista Mi Hazánk Mozgalom («Movimento La Nostra Patria»), che a beneficio di telecamera ha strappato le pagine del libro. «No all’esposizione dei bambini alla propaganda omosessuale», ha tuonato. Sulla stessa lunghezza d’onda Lénárd Borbély, sindaco di Csepel, un distretto di Budapest. In un post su Facebook, egli scrive di aver bandito il libro in tutti gli asili e i nidi del suo distretto. Ha dunque concluso il messaggio in modo eloquente: «Lasciate stare i nostri bambini!».
L’intervento del governo
È bastata l’ipotesi che un simile libro potesse finire in qualche scuola, per far insorgere un amministratore locale del partito di governo Fidesz. Le sue preoccupazioni, del resto, non appaiono peregrine. Il partito liberale Momentum (terzo più votato alle elezioni europee del 2019) sembrerebbe voler introdurre corsi obbligatori a tinte arcobaleno nelle materne. La vicenda è arrivata fino alle stanze dell’esecutivo. Durante un’informativa, il capo dell’ufficio del premier, Gergely Gulyás, ha affermato che «è un affare privato il modo in cui ognuno vive la propria sessualità» ma che «c’è un limite: la propaganda omosessuale nei confronti dei bambini non è consentita». Parole che fanno eco a quelle pronunciate dal premier Orbán: «L’Ungheria ha leggi sull’omosessualità, che si basano su un approccio eccezionalmente tollerante e paziente. Ma c’è una linea rossa da non oltrepassare: lasciate in pace i nostri figli».
Politiche anti-gender e minacce
Non stupisce la resistenza magiara al tentativo di introdurre l’ideologia gender. In maggio il parlamento di Budapest ha deciso di non ratificare la Convenzione di Istanbul sulla violenza sulle donne. Il documento in questione, sostenendo una definizione di gender in senso più sociale che non biologico, si pone in antitesi alla Costituzione ungherese, nel punto in cui essa definisce il matrimonio l’unione di un uomo e di una donna. E risale sempre alla scorsa primavera l’approvazione di un emendamento legislativo che definisce il genere «sesso biologico basato sulla nascita e sul genoma». C’è però un aspetto che rende tutto il mondo paese: la violenza di alcuni gruppi. Sia l’autrice della petizione di CitizenGo sia la deputata che ha strappato le pagine del libro gender avrebbero ricevuto diverse minacce anonime. «L’intolleranza dei tolleranti» è uguale ovunque.