Cannabis shop, boom di aperture. Il caso Verona

Volantini davanti alle scuole e genitori sul piede di guerra. Il Comune reagisce, ma i nuovi negozi sono già 20

Cannabis shop

Il bancone di una nota catena di cannabis shop. Image by Alex Person from Unsplash

Last updated on marzo 1st, 2020 at 09:25 am

Si sono da poco illuminate le vetrine di un nuovo cannabis shop a Verona. Tra città e comuni limitrofi, negli ultimi due anni sono stati aperti oltre venti negozi che vendono cannabis light sotto forma di infiorescenze, semi, bevande e biscotti. Le infiorescenze sono vendute per collezionismo: non possono essere fumate, spiegano i negozianti, e lo stesso discorso vale per i semi, che ‒ sempre secondo i negozianti ‒ vengono acquistati e conservati chiusi nelle confezioni. Un copione già sentito nelle centinaia di negozi aperti ormai in tutta Italia, un copione che non convince: i genitori sono sul piede di guerra e il Comune studia provvedimenti ad hoc. A lanciare l’allarme sono stati proprio alcuni genitori veronesi, che hanno segnalato sui social media l’ennesima distribuzione di volantini pubblicitari sull’inaugurazione del nuovo negozio davanti alle scuole, creando l’hashtag #SENZAPUDORE. «Non è la prima volta, d’accordo. Premesso che nemmeno a un politico sotto elezioni è concesso fare propaganda davanti alle scuole, possibile che non si possa vietare una cosa del genere?», si chiede un genitore postando la foto del volantino. Sul volantino si legge: «Alimentari e cosmetici con canapa. CBD, semi e inflorescenze di canapa coltivata sui monti veronesi». Dunque, oltre che light, anche a Km0. Cosa succede?

Sì, no, forse. E la Lega scende in campo

«Il problema è iniziato nel giugno 2018, quando mi sono state segnalate le prime aperture di cannabis shop a Verona. Nel giro di pochi mesi ci sono state più di sei inaugurazioni di nuovi negozi», spiega a “iFamNews” Alberto Zelger, consigliere comunale della Lega. «In quel periodo era stata emessa una sentenza, il 13 giugno 2018, che aveva rigettato la richiesta di dissequestro di cannabis fatta da un negozio. Sulla stessa linea si erano espresse altre due sentenze. Il 29 novembre 2018, invece, un’ulteriore sentenza ne consentiva il dissequestro. Queste sentenze vanno lette insieme alla legge 242 del 2016, che aveva liberalizzato la coltivazione della canapa, fino al massimo di uno 0,5% di THC. E a queste va poi aggiunta l’ultima sentenza delle Sezioni Riunite della Cassazione, contraria alla vendita della cannabis. Secondo alcuni, fino allo 0,5% di THC non è drogante, altri studiosi invece fanno emergere che un conto è la percentuale e un altro la quantità. Questo è il terreno, scivoloso e confuso, nel quale ci muoviamo».

Il Comune ha però deciso di non restare immobile di fronte al moltiplicarsi dei cannabis shop, ricorda Zelger: «Abbiamo da poco acquistato e addestrato un cane antidroga, e ne sono in arrivo altri due. Messo in servizio a dicembre 2019, il cane ha già scovato pacchetti di droga sui bastioni, nei giardini sopra le mura di Verona e in terreni esterni alle scuole. È stato usato anche all’interno di alcune scuole su segnalazione dei dirigenti scolastici. In collaborazione con l’USSL9, guidato da Giovanni Serpelloni, il 17 gennaio scorso abbiamo presentato poi a tutti i dirigenti scolastici di Verona il progetto “Drug test nelle scuole”, un progetto che ha sollevato un certo dibattito. Come amministrazione comunale siamo completamente favorevoli, anche i genitori ci hanno espresso la loro approvazione, ma ci sono stati alcuni dirigenti, e alcuni parlamentari, che sono intervenuti per cercare di frenare il progetto». Il Comune vorrebbe poi portare nelle scuole il “modello preventivo proattivo”, uno sportello interno per garantire supporto psicologico in forma anonima agli studenti. Saranno i docenti e i genitori a segnalare agli esperti sanitari i ragazzi che possono avere bisogno di aiuto. Ad approfondire i progetti sarà la prossima seduta della Commissione sicurezza e servizi sociali.

Il volantino di un cannabis shop a Verona. Screenshot from Facebook

Cannabis concentrata fai-da-te

I negozianti dicono di vendere la cannabis per collezionismo, deodorante, ricerca o articolo per collezione: «È un imbroglio, è l’escamotage con il quale i negozi hanno aperto e rimangono aperti, approfittando di una situazione legislativa non chiara. Perché stiamo puntando così tanto sulle scuole? Proprio perché non è vero che la cannabis light sia innocua. Si fissa nel cervello degli adolescenti e lì rimane per anni, causando gravi danni anche a lunga distanza temporale. Inoltre, se una persona viene scoperta alla guida dopo aver fumato cannabis light, vieni fermata, perché la cannabis influenza le capacità di concentrazione e i riflessi», spiega Zelger. «Sono in corso poi controlli particolari perché in alcuni negozi sono in vendita il butano e certe apparecchiature cilindriche di ferro in grado di inserire le infiorescenze e produrre la cannabis concentrata, con percentuali di THC molto superiori allo 0,5%, basta inserire più di una bustina. Particolare ignorato da molti? Ogni tanto esplodono». Intanto continuano ad aprire nuovi negozi, e accanto a quelli tradizionali ne aprono di automatici: forniti di distributori automatici, sono aperti h24 e consentono di acquistare cannabis comodamente dalle macchinette. Nel 2018 Zelger aveva presentato una delibera con alcune limitazioni, per esempio la distanza minima di 500 metri tra un cannabis shop e una scuola, ispirandosi alla legge sulla distanza fra slot machine e istituti scolastici, pure però spesso disattesa. Ma la delibera non è stata approvata. Una risposta, di tipo scientifico, era arrivata poi anche a livello nazionale: nel giugno 2018 irrompe nel dibattito pubblico il parere dell’Istituto Superiore di Sanità secondo cui «la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, in cui viene indicata in etichetta la presenza di cannabis o cannabis light o cannabis leggera non può essere esclusa». Pertanto, si raccomanda che: «siano attivate, nell’interesse della salute individuale e pubblica e in applicazione al principio di precauzione, misure atte a non consentire la libera vendita dei suddetti prodotti». Il parere dell’ISS però è rimasto, a oggi, inascoltato.

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