Una undicenne plagiata dalle lobby LGBT+, e la madre che chiede giustizia. Accade in California, dove la tirannia del politicamente corretto sta ormai tracimando. Jessica Konen ha fatto causa alla scuola elementare frequentata dalla figlia, parte dello Spreckels Union School District, e a due insegnanti, Lori Caldiera e Kelly Baraki. Queste ultime avrebbero infatti sottoposta la bambina, di seconda media, al lavaggio del cervello, persuadendola a cambiare sesso, di nascosto dai genitori. Le insegnanti si sono del resto appellate alla Parental Secret Policy vigente nel distretto, direttiva in forza del quale i docenti sono autorizzati a consigliare gli alunni riguardo alla disforia di genere, finanche a scegliere una nuova identità sessuale, senza avvertire i genitori.
La Caldiera e la Baraki avrebbero tenuto incontri all’Equality Club della scuola, non limitandosi a indottrinare gli alunni su omosessualità, bisessualità, transgenderismo e identità di genere, ma incoraggiandoli anche a mettere in pratica tali insegnamenti. Alle ragazze veniva persino illustrato come restringere il seno con indumenti che ne impediscano la crescita.
Studenti “poco convinti” di cambiare sesso
I verbali della causa rivelano che le docenti avrebbero fatto pressioni sugli studenti circa la loro identità di genere, ma che pure gli allievi «resistevano». Queste lezioni di ideologia gender si sarebbero tenute clandestinamente, per lo più durante le pause pranzo, con genitori e dirigenza scolastica tenuti all’oscuro dell’iniziativa.
«Voglio bene a mia figlia, che merita giustizia», dichiara la signora Konen a Fox News. La donna accusa le due insegnati di aver inflitto un notevole disagio emotivo alla bambina, violandone i diritti statutari federali e costituzionali riguardo alla propria libertà educativa di madre. E definisce le insegnanti figlia «predatrici» e i loro metodi «disgustosi».
Ora, le docenti avrebebro avuto avuto un incontro con la madre della piccola per discuterne l’identità di genere e la Konen avrebbe autorizzato la figlia a usare un nome maschile in ambito scolastico. Ma ciò che non le è andato giù è stato venire a conoscenza di un audio registrato alla conferenza LGBT+ della California Teachers Association in cui si rileva come las Baraki e la Caldiera stessero discutendo di come gestire il proprio club senza che i genitori venissero a conoscenza della partecipazione dei figli.
Il sovrintendente distrettuale della Spreckels Union, Eric Tarallo, rifiuta di commentare, ma afferma che la Caldiera e la Baraki rimarranno in congedo amministrativo fino a novembre in attesa di un’indagine indipendente.
«La richiesta presentata dalla signora Konen sarà affrontata in modo appropriato all’interno del sistema giudiziario», afferma Tarallo. «Attualmente stiamo rivedendo e aggiornando le nostre politiche e le procedure relative ai club studenteschi. Ne presenteremo le bozze all’Ufficio scolastico non appena possibile».
«Tornaconto politico»?
Ovviamente i funzionari della California Teachers Association accusano il Center for American Liberty (CAL), che sostiene la Konen, di fare «disinformazione» e di portare divisioni tra genitori e comunità scolastiche «per il proprio tornaconto politico». È stata proprio la fondatrice del CAL, Harmeet K. Dhillon, a dichiarare che la figlia della signora Konen sarebbe tornata a identificarsi come femmina dopo essersi allontanata dalle insegnanti che le avevano praticato il «lavaggio del cervello». «Jessica è molto favorevole a qualunque cosa sua figlia voglia essere e decide», dichiara Dhillon a Fox News.
L’aspetto curioso della vicenda, aggiunto la fondatrice del CVAl, è che i fatti si siano svolti prima della pandemia. Quando è iniziata la didattica a distanza la figlia della signora Konen «ha iniziato a tornare alla propria identità originale, perché lontana dall’influenza costante di quelel dure strane insegnanti». E la stessa madre aggiunge che la bambina si è sentita «come se riuscisse per la prima volta respirare», glossando: «Mi assicurerò che continui a farlo…».
Ciononostante, attraverso il software usato per le videocall con gli studenti, le insegnanti incriminate hanno pure tentato di monitorare «ciò che i bambini cercavano», per poi «cercare di inserire più bambini possibili in questo canale segreto», accusa Dhillon, ceh ravvede in tutto ciò una «motivazione politica» totalmente priva di basi mediche o psichiatriche. L’azione leage portata avanti da Jessica Konen, conclude Dhillon, «non vale solo per sua figlia», ma servirà per evitare altri abusi ai danni di altri minori.