Nel salotto buono della Sinistra mondiale essere socialista e antiabortista è considerato un ossimoro. Ne sa qualcosa Luiz Inácio Lula da Silva. Il settantasettenne ex presidente brasiliano tornerà in pista alle elezioni di autunno e sfiderà l’uscente Jair Bolsonaro: ora, la contrapposizione totale tra i due candidati si manifesta anche sui temi della vita nascente.
Eppure l’ex presidente ha finito per scontentare sia i propri sostenitori sia i propri avversari. La settimana scorsa Lula ha dichiarato di essere «contrario all’aborto» anche se prende atto che non ovunque nel mondo l’aborto è accessibile ovunque con la stessa facilità e con le stesse modalità. Una donna che abbia un «buon potere d’acquisto», aveva osservato, si metterà in cerca di una «buona clinica», magari anche recandosi «all’estero» e «si prenderà cura di sé». Tuttavia, si domandava Lula, «il povero come fa?». Quindi dei «poveri che abortiscono», indipendentemente dalle ragioni per cui lo fanno, «lo Stato deve prendersi cura», per «una questione di buon senso». Anche dove «la legge lo vieti», l’aborto «esiste» e «molte donne ne sono vittime».
Il ragionamento di Lula è simile a quello dei Radicali italiani negli anni 1970, allorché, nel nostro Paese, l’aborto, pur essendo illegale, era ormai parecchio diffuso e quindi si premeva appunto per la legalizzazione, onde rendere la pratica (questa era la bolsa retorica propagandistica adoperata) “più sicura” e “meno rischiosa” per la salute delle donne.
In Brasile, però, nonostante sedici anni di potere dei socialisti (2003-2018), prima con Lula, poi con Dilma Rousseff e Michel Temer, Brasile l’aborto non è mai stato legalizzato. È permesso soltanto prima della 22a settimana di vita del bimbo nel grembio della mamma nei casi di stupro, rischio di vita per la madre e grave malformazione del piccolo. Altrimenti la donna che abortisce rischia da uno a tre anni di reclusione, mentre per medici e infermieri il massimo della pena sale a quattro anni.
Raffica di critiche dai sostenitori di Bolsonaro
Ma, intervistato poi dall’emittente radiofonica Jangadeiro BandNews, Lula ha corretto il tiro: «L’unica cosa che non ho detto, in quello che ho detto, è che sono contrario all’aborto», ha precisato l’ex presidente. «Quello che ho detto è che è necessario trasformare il problema dell’aborto in un problema di salute pubblica».
Affermazioni, queste, che gli sono valse una pioggia di critiche da parte delle comunità cristiane evangelicali e degli esponenti del Partido Liberal, quello di Bolsonaro. Eduardo Bolsonaro, deputato e figlio del capo dello Stato, ha infatti dichiarato: «Lula non pensa che le elezioni si terraano in un Paese cristiano che rispetta la proprietà privata». E l’ex ministro delle Donne, della famiglia e dei diritti umani, Damares Alves (del Partito Repubblicano Brasiliano) spiega che «l’agenda dell’ex presidente è sempre stata la cultura della morte». Dal canto proprio il deputato Guiga Peixoto (del Partito Social-Cristiano) sostiene: «Lula è favorevole all’aborto e contro le armi. Insomma è favorevole all’omicidio, ma non con le armi».
Abortire? Come farsi cavere un dente…
Sul punto, incisiva è la critica di Bolsonaro, secondo il quale Lula vuole mettere sullo stesso piano «l’andare dal dentista per farsi cavare un dente» e «abortire», e questo perché «non ha alcun rispetto per la vita umana».
Il programma del presidente in carica è del resto nettissimo: «Siamo contrari all’aborto» e «il nostro governo difende […] la famiglia».