Bambini trans anche contro la volontà dei genitori

Una pretesa assurda di libertà assoluta che si rovescia nel suo esatto contrario

Bambini, photo by Kevin Gent on Unsplash

Bambini, photo by Kevin Gent on Unsplash

Last updated on marzo 3rd, 2020 at 09:56 am

Viviamo tempi in cui qualsiasi possibilità offerta dalla scienza e dalla tecnica è vissuta come progresso, e le riflessioni sulla bontà di alcuni cambiamenti passano in secondo piano. Finché non si scopre che c’è qualcuno più “rivoluzionario” di noi, disposto a spostare la frontiera un po’ più in là. È quanto sta accadendo sul tema delle terapie gender affirming, cioè la possibilità di ricorrere a interventi chirurgici per alterare il proprio sesso biologico a seconda del gender a cui il soggetto si senta di appartenere. Una possibilità che ora si vuole estendere anche ai bambini, anche se i genitori non sono d’accordo.

La battaglia del “poter decidere chi si è” è stata in origine venduta come una lotta di libertà. Se io, nato uomo, voglio diventare donna perché tale mi sento, debbo essere libero di farlo, e non accetto alcuna critica in merito. Gli alfieri del “ogni desiderio è un diritto” hanno applaudito entusiasti a questa conquista. Ora sono però arrivati i nuovi Prometeo e hanno deciso di spingere la frontiera ancora più in là: se un bambino non appare a proprio agio nell’essere cioè che è, cioè maschio o femmina, allora è necessario attuare interventi chirurgici affinché possa cambiare sesso per adeguarlo al gender “che si sente”.

Genitori negligenti

Anche le schiere di chi è favorevole a queste pratiche sugli adulti si pongono però adesso qualche dubbio. Il terreno dello scontro è duplice: è riemersa cioè la questione se sia etico o meno utilizzare tali metodi sui bambini e allo stesso tempo è in corso il dibattito sui diritti dei genitori, dal momento che, chi è favorevole a questi interventi precoci, sostiene debbano essere realizzati anche quando madre e padre siano contrari. Il fatto più preoccupante è che il concetto viene sponsorizzato direttamente da alcune importanti autorità scientifiche, quali il Journal of Medical Ethics, che in un articolo recente sostiene che gli esperti sanitari abbiano un ruolo unico in qualità di soggetti fornitori delle cosiddette gender-affirming therapy. Motivo per cui, se i genitori di un bambino sono “incapaci” di “comprendere” la necessità, e dunque la bontà, di un intervento chirurgico atto ad alterare alcuni aspetti del sesso del piccolo, allora dovrebbero essere definiti genitori negligenti. Un’espressione che si è abituati ad associare a quei papà e a quelle mamme che non garantiscono la salute e la sicurezza dei propri figli, permettendo per esempio loro di fumare o di bere alcolici.

Ora, le terapie in questione consistono nel bloccare la pubertà di un ragazzino e, in alcuni casi, nell’effettuare una mastectomia, l’asportazione chirurgica delle mammelle. Uno scenario distopico? No, la triste realtà. Questo tipo di interventi sono infatti già in atto: negli Stati Uniti d’America sono state effettuate mastectomie su ragazzine di tredici anni. Il motivo? Quella che viene chiamata disforia di genere: in parole povere, ragazzine che “non sentendosi” femmine vogliono essere maschi e dunque si sottopongono a operazioni per ri-identificarsi… con ciò che non sono.  

C’è chi sostiene che queste pratiche sui minori non siano etiche, perché i bambini non possono decidere in maniera consapevole, oltre al fatto che le conseguenze di lungo periodo in termini di salute sono ignote. Ma soprattutto che imporre queste terapie sia un assalto ai diritti dei genitori: una dinamica, quella di ridimensionare il ruolo dei genitori, che sta assumendo diverse forme, anche in Italia. E qui torna in gioco il tema della libertà: se si è consegnata la verità sull’uomo e sul suo funzionamento unicamente agli strumenti della tecnica e della scienza, quando proferiscono la parola “magica”, gli scienziati affermano necessariamente la cosa giusta. E ciò che era cominciato come una battaglia di libertà – voglio decidere chi essere – si muta in perfetta limitazione della libertà. Limitazione a cui tutti hanno contribuito, rifiutando di esercitare una critica morale su ciò che la scienza è in grado di fare. Separando sciaguratamente la scienza dalla persona, affidandosi alla tecnica della prima e finendo per comprimere la libertà della seconda.

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