Australia: il Queensland resiste alla legge sull’eutanasia, ma fino a quando?

Il premier Anastacia Palaszczuk sospende la riforma della «buona morte». Se ne riparlerà dopo le elezioni di ottobre

Queensland

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Last updated on Giugno 16th, 2020 at 03:31 am

«La morte volontaria assistita è una questione molto complessa e profondamente personale, in cui gli interessi e le opinioni contrastanti dei cittadini del Queensland e degli esperti devono essere attentamente bilanciati, e la vita delle persone anziane e più vulnerabili protette». Così afferma Anastacia Palaszczuk, capo del governo dello Stato australiano del Queensland, rinviando il disegno di legge proposto dal Comitato per la salute alla revisione da parte della Commissione per la riforma legislativa, Commissione che riferirà al governo entro il 1° marzo 2021.

Il rapporto del Comitato per la salute, presieduto dal parlamentare Laburista Aaron Harper, era stato presentato a fine marzo, dopo diciotto mesi di lavori. Secondo il documento, il Queensland avrebbe dovuto approvare – come già accaduto negli Stati dell’Australia Occidentale e di Victoria – una legge che permettesse l’accesso della «morte assistita» a persone «con capacità decisionale» previa la valutazione di due medici qualificati e solo in seguito a una diagnosi di «condizione medica terminale, progressiva, cronica o neurodegenerativa avanzata». Nel rapporto si legge che, «tragicamente, in media una volta ogni quattro giorni, nel Queensland qualcuno che soffre di una malattia terminale o debilitante si suicida».

“Presto, prima che arrivino i conservatori”

Anche il noto presentatore televisivo Andrew Denton era intervenuto lo scorso anno a favore di una rapida introduzione della legge sull’eutanasia volontaria, nel timore che una eventuale futura salita al potere, nel Queensland, di personale politico conservatore possa impedirne l’approvazione, e questo secondo un principio che purtroppo non stupisce più, nonostante l’evidente antidemocraticità. Di fronte a segnali che fanno presagire come in ottobre l’ago della bilancia politica dello Stato australiano possa pendere dalla parte conservatrice, a maggior ragione dovrebbe essere rimandata una decisione che non può prescindere dall’appoggio della volontà popolare. Il documento della Commissione per la salute, peraltro, afferma che già la maggior parte della popolazione sarebbe largamente favorevole all’introduzione dell’eutanasia (ma è forse questa dichiarazione parte di una tattica già tristemente nota?): ragione in più per affrontare con serenità la “prova elettorale”, invece che premere l’acceleratore per paura di veder sfumare l’appoggio agognato.

Del tutto apprezzabile quindi la decisione del premier Palaszczuk, peraltro Laburista, in un momento in cui i lavori parlamentari hanno già dovuto sopportare un ridimensionamento significativo per via del CoViD-19. La Palaszczuk ha infatti riconosciuto essere «assolutamente fondamentale che la risposta finale del governo alla relazione del Comitato tenga conto delle opinioni e delle esperienze di chi si occupa di cure palliative e assiste gli anziani», da cui qui la necessità di prevedere tempi adeguati affinché il rapporto del Comitato per la salute possa essere esaminato nei dettagli.  Del resto in seno allo stesso Comitato i deputati del Liberal National Party of Queensland – una formazione conservatrice oggi all’opposizione –, Mary Hunt e Mark McArdle, hanno firmato una relazione di dissenso, affermando che «nessuna decisione deve essere presa finché la questione delle cure palliative resta finanziata così male, tanto male capita, a malapena accessibile e persino trascurata». Al contrario, la battaglia a favore della «morte volontaria assistita» gode di sostegni e di finanziamenti importanti ‒ per esempio quelli dell’ex-sindaco di Brisbane, la capitale, che ha  personalmente versato milioni –, laddove meno zelante risulta invece la ricerca di risorse per le cure palliative, come denuncia Cherish Life Queensland, organizzazione australiana pro-life

La speranza è dunque che non prevalga la “scorciatoia” dell’eliminazione sistematica della vita, come se davvero esistessero «vite non degne di essere vissute».

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