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Aborto, una luce illumina il buio

18/01/2021
Questa immagine è stata tratta dalla collezione del progetto Geograph. Consultare la pagina di questa fotografia sul sito web di Geograph per i dettagli di contatto del fotografo. Il copyright di questa immagine è di proprietà di Bill Harrison ed è concesso in licenza per il riutilizzo secondo la licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0

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Aborto, una luce illumina il buio

La celebrazione della vita umana è oggettiva e trasversale

Barbara Santambrogio di Barbara Santambrogio
18/01/2021
in In evidenza, Vita
1.3k
Reading Time: 4 mins read
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Lampioni antichi accesi nella nebbia

Image by analogicus from Pixabay

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Last updated on marzo 15th, 2021 at 09:51 am

Di questi tempi, un anno fa, si concludeva a Roma l’ultima tappa dell’installazione artistica di Alberto Garutti Ai nati oggi. Partita nel 1998 da Bergamo, negli anni successivi aveva toccato Gent (nel 2000), Istanbul (2001), Gallipoli (2003), Casarano (2003), Mosca (2011), di nuovo Gent (2011), Plodiv (2018) e appunto Roma (a cavallo tra 2019 e 2020), illuminando strade, piazze, ponti.

Si tratta infatti di un’opera d’arte sui generis, che sfrutta l’illuminazione artificiale già presente nelle città per veicolare un messaggio universale di riconoscimento e di omaggio alla vita nascente. Come si legge sul sito Internet dell’artista, «[…] la luce dei lampioni di un determinato luogo della città […] si intensifica ogni volta che nasce un bambino. Nel reparto di maternità dell’ospedale cittadino è infatti installato un pulsante che il personale è invitato a premere in occasione di ogni nuova nascita; il pulsante ordina al sistema di lampioni prescelto di aumentare gradualmente l’intensità luminosa, per tornare dopo circa trenta secondi alla media costante di illuminazione». Nei pressi dei punti luce dedicati a celebrare le nuove nascite, è posta una targa che ne spiega brevemente il significato.

Per l’artista il significato dell’installazione è molteplice: per esempio ha lo scopo di rispondere a «[…] quali valori l’opera d’arte nello spazio pubblico è chiamata a celebrare», di ricordare e ritessere il legame fra l’arte e i cittadini, di ancorare l’arte nel tessuto urbano. In più e soprattutto, «l’opera si radica nel territorio dell’intervento e chiama a sé le persone che lo abitano attraverso la volontà di suscitare in loro un’emozione “sincera”, che seppur indirettamente le coinvolge in quanto comunità».

Ora, se l’artista sia pro-life oppure no interessa relativamente, essendo questa sua opera evidentemente e intrinsecamente pro-life, dal momento che pone al centro dell’interesse dell’intera comunità la nascita di un bambino, di un qualsiasi bambino, in qualità di bene comune alla città e in qualche modo a tutta l’umanità.

A Bergamo, in anni successivi, dopo un’interruzione l’iniziativa pare sia stata ripresa con il trasferimento del reparto maternità dagli Ospedali Riuniti alla nuova sede dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII.

A Bologna un’operazione simile era stata intrapresa fra il 2012 e il 2016, collegando agli ospedali cittadini un lampione antico, situato fra piazza Nettuno e via Rizzoli, accanto al palazzo di Re Enzo, con un sistema di telecontrollo realizzato dalla Fondazione Alma Mater in collaborazione con una startup locale. Era stata voluta, su spunto dell’istallazione di Garutti al Vrijdagmarkt di Gent in Belgio, da Virginio Merola, del Partito Democratico, sindaco di Bologna dal 2011 e attualmente al secondo mandato come sindaco della città metropolitana dopo le elezioni amministrative del 2016.

Nel 2013, al Gay Pride di Bologna, Merola si è espresso a favore delle “nozze” fra persone dello stesso sesso e all’adozione per le coppie omosessuali, e nel 2014 ha trascritto nei registri anagrafici gli atti di “matrimonio” esteri di coppie formate da persone dello stesso sesso.

All’inaugurazione dell’installazione romana, nell’estate 2019, erano presenti il sindaco Virginia Raggi (Movimento Cinque Stelle), che ha sottolineato il valore «sociale» dell’opera, e Giovanna Melandri (Partito Democratico), che ha posto l’attenzione sull’«[…] abbraccio all’esistenza preziosa di ognuno, di ogni essere umano senza identificazione di nazionalità, etnia, religione. Un inno alla delicatezza e alla sacralità dell’umano». Era presente anche Giovanni Scambia, già direttore del dipartimento per la Tutela della salute della donna e della vita nascente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e, dal 2018, direttore scientifico della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli – IRCCS di Roma, favorevole all’obiezione di coscienza per medici e infermieri, ai metodi naturali per la contraccezione, alla rianimazione dei feti venuti alla luce vivi a seguito di aborto terapeutico.

Pare esistere, dunque, una trasversalità che sottende a posizioni politiche e umane diverse, e che non può negare l’evidenza e la realtà: che se la vita è il bene assoluto e sacro, da tutelare, di conseguenza l’aborto è il male, assoluto ed esecrando. Del resto, anche e soprattutto chi sostiene di voler proteggere la «salute riproduttiva» e la «libertà di scelta» femminile, dovrebbe gioire ed esultare per ogni donna che riuscisse a dare alla luce un figlio.

Sarebbe bello, allora, se l’iniziativa dell’accensione di una luce per ogni nuovo nato riprendesse vita e vigore in ogni città, simbolo e atto concreto insieme, a illuminare i nostri tempi cupi.

Tags: #unaluceperlavitaAbortoVetrina
Barbara Santambrogio

Barbara Santambrogio

Dopo un percorso lavorativo originale e variegato, nel campo della pubblicità e dell’editoria, ma anche nel mondo enologico, è approdata finalmente a occuparsi di quanto più la appassiona. Oggi scrive (per il web, ma non solo), si occupa di traduzioni e insegna nella scuola primaria. Mamma biologica e adottiva, ama leggere e il running.

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