Aborto, sia lode ora all’Oklahoma

La Camera vara la migliore legge a difesa della vita, mostrando al mondo che è possibile fermare la mattanza incivile e disumana dell’aborto

Sì, è possibile. Abolire l’aborto è possibile. Cancellare questa forma particolarmente detestabile di omicidio, questo vero e proprio antropocidio non è una fantasia irrealizzabile. La Camera dello Stato nordamericano dell’Oklahoma lo ha fatto approvando l’«House Bill 4327», e come lo ha fatto l’Oklahoma, tutti lo possono fare.

Certo, ci vuole la volontà politica, la determinazione, il coraggio, e quelli, se uno non ce li ha, mica se li può dare. Ma vedere esempi come quello dell’Oklahoma certamente aiuta.

In Oklahoma governa il Partito Repubblicano, che, con tutte le sue pecche, le sue magagne, le sue mancanze, non manca agli appuntamenti importanti. Segno del fatto che si può addirittura organizzare la politica, persino un partito rispettando i limiti che non di debbono mai valicare. Gli appuntamenti importanti anche della politica, anche dei partiti sono infatti quelli con i princìpi non negoziabili. Non il disarmo o il riarmo, non i poveri o gli immigrati, non i prezzi al consumo o gli assetti geopolitici: ma il diritto intangibile alla vita umana, il diritto alla libertà religiosa, la famiglia naturale e la sua sovranità intoccabile a partire dalla libertà di educazione. Se questi mancano o sono decurtati, la società che ne deriva è una società imperfetta, malata, dirigistica o totalitaria, secondo una scala di variazioni che la storia e l’attualità ci hanno insegnato a conoscere a menadito, a detestare e a combattere.

Il resto, per esempio il disarmo o il riarmo, i poveri o gli immigrati, i prezzi al consumo o gli assetti geopolitici, non sono princìpi non negoziabili. Cioè, a differenza di vita, libertà religiosa e famiglia, si negoziano. Si patteggiano e si trattano. Sono oggetto di mercanteggiamento. Sono valori e come tali salgono e scendono nelle quotazioni. Non sono una misura fissa, bensì sempre una variabile. Dipendono da moltissimi fattori, fra cui contingenze, situazioni, tempi, società, popoli, culture e così via. Sono insomma questioni importantissime il cui criterio dipende dalle questioni fondamentali, quelle che fondano il vivere assieme degli uomini. Sono valori fluttuanti in riferimento a un parametro principale che non muta.

L’Oklahoma oggi è un faro di civiltà per l’umanità intera perché si inginocchia ai princìpi e su quelli modella i valori politici. L’Oklahoma oggi contribuisce potentemente a rincuorare i don Abbondio che, frugando nella saccoccia della tonaca, si accorgono esservi un buco sul fondo da cui la baldanza e n’è scappata da tempo.

«iFamNews» è di recente tornato dal Guatemala, piccolo grande Paese iberoamericano che combatte senza timore i troll del nostro tempo. Là la capitale, Ciudad de Guatemala, è diventata il centro della difesa della vita di un intero continente grazie alle politiche di un governo che buchi nelle tasche non ne ha. Si moltiplicano, dunquem gli esempi, anzi i precedenti che dicono, ripetono, gridano dai tetti che fermare la mattanza incivile e disumana della nostra epoca è possibile, che è possibile dire «no» all’aborto, che è possibile salvare vite. Li si può comprendere, i don Abbondio, umanamente parlando, ma mai giustificare: ora, comunque, hanno sempre meno scuse.

La legge appena approvata dalla Camera dell’Oklahoma vieta quell’omicidio di una piccola vita umana indifesa e innocente nel grembo della propria mamma che chiamiamo aborto in qualsiasi momento della gravidanza, tranne nei casi di incesto e stupro o se la donna incinta è in pericolo di vita. È una legge grande, grandissima, ancora più restrittiva delle benemerite leggi salvavita del Texas e dall’Arizona.

Sì, non è perfetta la legge dell’Oklahoma, come nulla di ciò che è umano è perfetto. Come chiunque capisce senza nemmeno avere necessità di un disegnino, comminare la pena di morte a un innocente per i reati di un altro colpevole è un assurdo e un orrore e quindi non si capisce perché un piccolino che non ha alcuna colpa di ciò che ha sciaguratamente fatto uno stupratore violando il santuario di una donna debba pagarne il fio (sulla questione del pericolo di vita della madre non mi pronuncio, ma resto dolcemente esterrefatto ogni volta che ripenso alla libertà di santa Gianna Beretta Molla). Si può dunque fare ancora meglio della stupenda legge dell’Oklahoma, ma quel che è stato fatto in Oklahoma è quanto di meglio sia mai stato fatto sinora sul tema.

Perché la legge dell’Oklahoma ferma l’aborto nella stragrande maggioranza dei casi, polverizza l’ideologia dell’aborto come “diritto” e annienta l’aborto a richiesta, a uzzolo, a capriccio, a capocchia.

Guardatela negli occhi questa parola immonda, «aborto», breve, secca, cacofonica nonostante l’abbondanza di vocali.  Fa venire il conato solo a sentirla. Significa «stop», «fermare», «chiudere», «terminare» come Terminator. Deriva da un verbo latino che significa «perire». La si usa per dire «lavoro mal riuscito», «impresa non condotta in porto», «fallimento», «fiasco», «flop», «insuccesso», «patatrac», «tonfo», e vellicando il gusto dell’orrido la impieghiamo per dare a un tale del «mostro», dello «scherzo della natura», proprio il concetto, «scherzo della natura», che poi viene impiegato per giustificare la terminazione totale dell’aborto. L’Oklahoma ha detto basta. E noi?

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