Aborto obbligatorio, obiezione di coscienza fuorilegge

Una sentenza della CEDU sulla Svezia rivoluziona l’Europa nel nascosto di una conventicola

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Last updated on marzo 23rd, 2020 at 06:42 am

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) non smette di stupire. Non si è ancora sopito lo scandalo dei suoi tanti giudici in aperto conflitto di interessi per i legami con il network che fa capo a George Soros che il 12 marzo due nuovi casi hanno riacceso i fari su di essa.

Questa volta i giudici hanno privato due ostetriche svedesi del diritto all’obiezione di coscienza sull’aborto mediante le sentenze emesse nei casi Grimmark v. Svezia e Steen v. Sweden.  Per estensione la privazione potrà ora potenzialmente applicarsi all’intera professione medica in tutta Europa. Per violare così apertamente il diritto alla libertà di coscienza e all’obiezione di coscienza i giudici di Strasburgo hanno dichiarato che l’aborto è un normale atto medico e che l’accesso generale all’interruzione volontaria di gravidanza ha la precedenza sul rispetto della libertà personale di coscienza.

Le due ostetriche avevano presentato ricorso perché in Svezia la loro richiesta di obiezione di coscienza veniva respinta dai dirigenti delle cliniche dove lavoravano con l’avallo dei tribunali. La Svezia è infatti uno dei pochi Paesi al mondo che non riconoscono il diritto all’obiezione di coscienza in tema di aborto, disponibile a richiesta fino alla 18sima settimana di gravidanza e praticato per una gravidanza su cinque.

E non è la prima volta

La CEDU ha quindi affidato le richieste delle due infermiere a una commissione di soli tre giudici, procedura questa riservata a casi semplici, che hanno condiviso le ragioni delle autorità svedesi, dichiarando obbligatoria la pratica dell’aborto poiché serve «l’obiettivo legittimo di proteggere la salute delle donne che lo chiedono». Per onorare questo servizio è perciò necessario obbligare tutte le ostetriche e tutte le infermiere a compiere aborti: il ribaltamento della ragione oltreché una rivoluzione nella concezione dei diritti umani.

In nessun momento i tre giudici hanno tenuto conto del fatto che le ostetriche si siano offerte di svolgere altri compiti per compensare il possibile inconveniente al servizio causato dal proprio rifiuto. Né si è valutato che il rispetto per la coscienza di queste due persone e professioniste non ostacolerebbe in alcun modo l’accesso all’aborto in Svezia. Tanto meno ‒ e questo davvero è gravissimo ‒ i giudici hanno rispettato la Convenzione europea sui diritti dell’uomo (l’ente che nel 1959 ha istituito la CEDU), che garantisce la libertà di coscienza, ma non invece un “diritto all’aborto”, o addirittura un’interpretazione del diritto alla salute che presupponga l’aborto. Si tratta di una rivoluzione antigiuridica contraria a ogni diritto umano, attuata da una Corte che in precedenza aveva solo stabilito che una persona autorizzata ad abortire avrebbe potuto rivolgersi a un altro medico qualora il proprio avesse obiettato in coscienza.

La protezione delle ostetriche viene ridotta cioè come già quella dei farmacisti, ai quali la Corte ha negato l’obiezione di coscienza sulla vendita di prodotti abortivi. Un favore, dunque, ai governi che vogliono abolire o limitare fortemente la libertà e l’obiezione di coscienza di medici e infermieri nei casi di aborto e di eutanasia.

Pressioni e collusioni

La gravità dell’accaduto è palese, ma c’è pure dell’altro. La decisione presenta anche numerose anomalie sospette.

Primo, è anormale e scioccante che la decisione sia stata presa da una Commissione composta di solo tre giudici e non da una Camera di sette o da una Grande Camera di 17. Non era infatti un caso di routine, non si è applicata per analogia alcuna decisione già precedentemente presa.

Secondo, i tre giudici della Commissione non si sono pronunciati in forma di sentenza, soggetta a ricorso, ma piuttosto di semplice «decisione di irricevibilità», che è quindi definitiva.

Terzo, la decisione fa parte di una campagna internazionale promossa da alcune ONG filoabortiste nell’ultimo quindicennio atta a rimuovere la clausola di coscienza sull’aborto, sulla base del fatto che «stigmatizzerebbe l’aborto» e ne ostacolerebbe la pratica. In effetti, in alcuni Paesi, cresce il numero di mamme che si rifiuta di abortire a seguito dei progressi dell’ecografia (che mette di fronte alla realtà della vita e della morte del bambino nel grembo) e della medicina prenatale (che cura molte malattie del bambino nell’utero materno). Già il 7 ottobre 2010 molte lobby abortiste profusero un impegno straordinario per condizionare il voto dei parlamentari a favore dell’abolizione dell’ obiezione di coscienza in campo medico. I giganti dell’aborto in campo erano lo European Parliamentary Forum for Sexual & Reproductive Rights e il Center for Reproductive Rights. Eppure l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, nonostante queste pressioni indebite, approvò una risoluzione opposta, che ribadisce «il diritto all’obiezione di coscienza nell’assistenza medica legale sia per le persone (medici, infermiere etc.) sia per le strutture sanitarie». Così, pochi giorni dopo l’approvazione da parte del Consiglio d’Europa, il parlamento svedese decise di adottare una risoluzione che impegnava il governo a prendere provvedimenti internazionali contro l’obiezione di coscienza e protestare con lo stesso Consiglio d’Europa per la risoluzione approvata. Ovviamente sulle esplicite azioni di condizionamento del voto dell’Assemblea nel 2010 nessuna indagine è mai stata fatta, da parte né di autorità interne Consiglio d’Europa, né di autorità giudiziarie dei singoli. Forse perché allora le ragioni della vita e dei diritti umani riuscirono a prevalere.

Quarto, due giudici su tre della Commissione che ha cancellato il diritto umano alla libertà di coscienza con un semplice tratto di penna erano in palese conflitto di interesse. Oltre al giudice cipriota Georgios Serghides, gli altri due sono lo svedese Erik Wennerstöm e il maltese Lorraine Schembri Orland. Il giudice svedese ha un precedente come membro dell’Agenzia svedese per l’uguaglianza di genere, l’organismo ufficialmente incaricato di promuovere i “diritti delle donne” e e l’aborto. Per quanto riguarda il giudice maltese, il suo curriculum vitae indica che alla fine degli anni 1980 ha ricoperto importanti incarichi nel mondo femminista. La CEDU ha insomma preso una decisione di importanza vitale attraverso un piccolo comitato e di soppiatto. La CEDU definisce se stessa la «coscienza dell’Europa»: ma in realtà ha stracciato la coscienza dell’Europa.

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