Last updated on Novembre 17th, 2021 at 10:42 am
Sono 41, sempre di più, i Paesi del mondo che vietano i test sugli animali per la produzione di cosmetici. L’ultimo ad approvare una legge così è stato il Messico, dove il Senato, in settembre, ha stabilito il divieto con 103 voti favorevoli. La normativa messicana è quindi ora una delle più severe del pianeta, in quanto proibisce sia la produzione sia la commercializzazione e l’importazione di cosmetici sperimentati su animali. Tali pratiche diventano così un reato, e prevedono pene tra i due e i sette anni di reclusione.
A questo risultato hanno contribuito in modo determinante gruppi di pressione come la Humane Society International/Mexico e l’organizzazione non governativa Te Projeto. L’approvazione del divieto di sperimentazione sugli animali per la produzione di cosmetici è stata peraltro preceduta da una campagna a tamburo battente, culminata con la diffusione del cortometraggio animato Save Ralph, una storiella strappalacrime, indirizzata ad adulti e bambini che ha totalizzato oltre 150 milioni di visualizzazioni sui social e oltre 730 milioni di tag soltanto su TikTok. Poi è seguita una petizione per sostenere l’approvazione della legge che ha raccolto le firme di 1,3 milioni di messicani.
Nel resto del mondo un divieto analogo vige in tutti i Paesi dell’Unione Europea dal 2013, anno in cui è stato approvato il Regolamento Europeo 1223/2009. Negli anni successivi hanno seguito la stessa strada Brasile, India e Corea del Sud. Negli Stati Uniti d’America, nel 2019, è entrato in vigore lo Human Cosmetics Act, che proibisce il test e la vendita di prodotti di bellezza appunto sperimentati in questo modo, ma soltanto sei Stati dell’Unione hanno implementato il divieto.
L’uomo non vale niente
Qualcuno potrebbe argomentare che la sensibilizzazione al rispetto degli animali potrebbe educare la gente anche al rispetto della dignità della vita tout court, ivi compresa, anzi magari per prima quella degli umani. Purtroppo però le cose non stanno esattamente così.
Se ne parla poco ma è piuttosto noto che per la produzione dei cosmetici sia diffuso l’utilizzo di cellule fetali ricavate da feti abortiti. Il triste primato in questo ambito è detenuto, tanto per cambiare, dalla Cina. Già nel 2005, il quotidiano britannico The Guardian rivelò questa pratica da parte di un’azienda cinese, che, oltre ai feti abortiti, utilizzava frammenti della pelle dei cadaveri degli oppositori al regime condannati a morte.
L’Occidente, comunque, non può dare certo lezioni a riguardo. All’inizio del 2019, Benefit Cosmetics e M∙A∙C Cosmetics annunciarono il proprio sostegno alla Planned Parenthood – il maggiore e più potente abortificio mondiale – attraverso i programmi “filantropici” Benefit Bold Is Beautiful Project e M∙A∙C VIVA GLAM. In particolare Benefit è impegnata nel sostegno ai progetti avviati dal colosso antinatalista nel campo della cosiddetta «assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva» (cioè aborto, contraccezione e cose così), nonché di educazione sessuale in genere. M∙A∙C ha invece impegnato 500mila dollari per i due anni successivi nel finanziamento di un programma informativo sull’aborto appunto di Planned Parenthood.
Il Texas criminale
Più di recente, nel settembre 2021, Goop, il marchio di bellezza dell’attrice Gwyneth Paltrow, e la già citata Benefit Cosmetics hanno contestato la nuova legge texana che restringe sensibilmente l’accesso all’aborto. Goop ha espresso solidarietà nei confronti delle donne texane, i cui diritti, nella loro visione delle cose, sarebbero stati «severamente e ingiustamente limitati». E da parte propria Benefit ha diffuso lo slogan «Tieni le tue leggi lontane dal mio corpo» impresso sopra un ventre femminile. «Oggi», affermano i portavoce di Goop, «il diritto a cure salvavita è sotto attacco. Il divieto più estremo all’aborto mai proclamato a livello nazionale è appena entrato in vigore in Texas, essenzialmente delegando i privati cittadini a far rispettare una legge pericolosa e restrittiva».
Anche Saie Beauty, nuovo marchio di make-up “pulito”, condanna la normativa del Texas sui social media: «Abbiamo costruito Saie per dare vita a un marchio che ritiene tutti debbano avere il diritto di sentirsi bene nel proprio corpo e autorizzati a fare le proprie scelte per il proprio benessere personale. Siamo solidali con tutti coloro che cercano di accedere a queste scelte, compresa l’assistenza sanitaria sicura e conveniente, in particolare coloro che proteggono i loro diritti riproduttivi». Difficile, davvero molto difficile che dietro toni così enfatici a sostegno della più grande corporation abortista del mondo vi sia qualcosa di disinteressato. Rimane il fatto che il venir meno della sperimentazione su animali induce le industrie del cosmetico a puntare su materiale biologico umano.
Del resto, si sa, per i guru del mondo contemporaneo un bambino vale meno di un maiale.