«Utero in affitto» legalizzato

La giustizia “creativa” impone il fatto compiuto violando la legge

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Come molto altri – immaginarlo è logico e facile – anche  “iFamNews” si è chiesto chi siano oramai il padre e la madre nel mondo in cui viviamo. Meri concetti antropologici, astratti e puramente formali o persone e figure di carne e sangue?

La domanda non è affatto peregrina, poiché si applica a ben due casi reali, giunti sino alla Corte costituzionale. Sono i casi di bambini veri da proteggere veramente e da garantire veramente perché sono bambini veri finiti veramente, loro veramente loro malgrado, in contese vere di adulti veri, che li sorpassano ma che comunque li travolgono.

In entrambe le situazioni si tratta di coppie “omogenitoriali” alle prese con pretese che vorrebbero divenire diritti, cioè “diritti”. Ora, la Corte ha stabilito il non luogo a procedere per mancanza di normativa e ha chiesto al parlamento di legiferare a garanzia di tutti i minori.

Una volta depositata la sentenza, due giorni fa, tutti i dubbi già avanzati sono però ovviamente tornati prepotentemente e rapidamente alla ribalta.

Restano sul tappeto quindi le domande di fondo, spesso essenziali, giacché insistono (come direbbe la matematica), sferzandoli, su princìpi né negoziabili né trattabili.

Nonostante la «maternità surrogata» sia infatti una pratica vietata, in base all’articolo 12, comma 6, della nota Legge 40 del 19 febbraio 2004, la norma viene allegramente aggirata da chiunque affitti un utero all’estero. Dunque: può, anzi – oramai a quanto pare – deve il giudice sostituire il legislatore? La giustizia deve essere insomma “creativa” invece che interpretativa?

Deve diventare prassi socialmente e culturalmente accettata l’infrazione smooth della legge (nell’italico “vabbè” dei modi, benché assolutamente hard nei contenuti) di chi si reca fuori porta tutti i giorni dell’anno, e non solo a Pasquetta, per comperare un bambino per poi richiederne, cioè imporne, con la forza del fait accompli, la registrazione in Italia? Questo accade ora, adesso, ogni giorno in Italia, lubrificato con la retorica perversa del “male minore”: la fuitìna alla matriciana, seguita da matrimonio riparatore.

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