«Suicidio assistito», il precedente pericoloso del Perù

Una sentenza concede a una donna, affetta da malattia degenerativa, la possibilità di accedere alla morte medicalmente assistita

La settimana scorsa, in Perù, la Corte Suprema ha decretato che Ana Estrada, psicologa, poco meno di 45 anni, affetta da polimiosite, quando deciderà di farlo avrà la possibilità di ricorrere al «suicidio assistito».

La Corte si è espressa in via definitiva, quando anche il quinto giudice dell’assise ha votato a favore, dopo un primo pronunciamento il 14 luglio con quattro favorevoli e un solo contrario, ratificando così la risoluzione emersa in prima istanza nel 2021, dopo alcuni anni di battaglia legale da parte della donna, attivista che promuove il “diritto” alla morte medicalmente assistita.

La delibera prevede che il ministero della Salute e della Previdenza sociale si occupi ora di predisporre il protocollo per la procedura eutanasica, da attuarsi entro dieci giorni dal momento in cui la donna stabilirà di volervi ricorrere.

Non si tratta ancora della liberalizzazione dell’eutanasia o del «suicidio assistito», che restano vietati nel Paese, pena la reclusione, bensì di un caso eccezionale che però, a colpi di sentenze, aggira la legge vigente creando così un precedente pericoloso. «L’instaurazione del diritto alla morte è un precedente fondamentale», afferma infatti Walter Gutierrez, avvocato della Estrada. «È il primo caso ed è irrevocabile, e consente ad Ana Estrada di poter prendere la decisione di porre fine alla propria vita».

Exit mobile version