«Pubblicità-regresso»

L’OMS sponsorizza l’aborto e vorrebbe addirittura vietare l’obiezione di coscienza

Il 9 marzo l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) ha reso note le nuove linee guida ufficiali per l’aborto «sicuro», definito come una «cura salvavita», «fondamentale per la salute di donne e ragazze», che afferma di voler «proteggere». Lo ha fatto in inglese e spagnolo, mentre i testi in arabo, cinese, francese e russo sono in preparazione. Un carosello e un girotondo di lingue e bandiere, senza limiti né confini in questo caso, come le pubblicità “United colors of” di qualche anno fa.

«Riuscire a ottenere un aborto sicuro è una parte cruciale dell’assistenza sanitaria», afferma nella presentazione delle linee guida Craig Lissner, direttore ad interim per la salute e la ricerca sessuale e riproduttiva dell’OMS. «Quasi tutti i decessi e le lesioni risultanti da aborto non sicuro sono del tutto prevenibili. Ecco perché consigliamo alle donne e alle ragazze di accedere ai servizi di aborto e pianificazione familiare quando ne hanno bisogno».

Non solo, «sulla base delle più recenti evidenze scientifiche, queste linee guida consolidate riuniscono oltre 50 raccomandazioni che abbracciano la pratica clinica, l’erogazione di servizi sanitari e gli interventi legali e politici a sostegno di un’assistenza abortiva di qualità». L’aborto, cioè, viene pubblicizzato e promosso una volta di più, alla stregua di una pratica di salute. «Quando l’aborto viene praticato con una metodica raccomandata dall’OMS, adeguata alla durata della gravidanza e assistita da qualcuno con le informazioni o le competenze necessarie, è una procedura semplice ed estremamente sicura». La domanda è sempre la medesima: sicura, per chi? Non per il bambino nel grembo, evidentemente.

«Per la prima volta, le linee guida includono anche raccomandazioni per l’uso della telemedicina, che ha contribuito a sostenere l’accesso all’aborto e ai servizi di pianificazione familiare durante la pandemia di CoViD-19»: l’aborto on demand sempre più online di cui «iFamNews» ha già riferito.

Vi è poi un aspetto se possibile ancora più sinistro che emerge dalle nuove linee guida. «Tra le raccomandazioni dell’OMS vi è l’affermazione “che l’accesso e la continuità alle cure complete per l’aborto siano protetti dalle barriere create dall’obiezione di coscienza”. E “se si rivela impossibile regolamentare l’obiezione di coscienza in un modo che rispetti, protegga e adempia i diritti delle donne che richiedono l’aborto, l’obiezione di coscienza nelle disposizioni sull’aborto può diventare indifendibile”». 

Fra le modalità utili a garantire l’accesso all’aborto, affermano infatti le linee guida, figura «la proibizione delle rivendicazioni istituzionali di coscienza»: non solo l’aborto è gridato come un diritto, ma chi si occupasse di pratica medica non potrebbe sottrarvisi. Diventerebbe cioè, tragicamente, un obbligo.

In realtà, come spiega molto bene Elyssa Koren, che si occupa di advocacy alle Nazioni Unite per ADF International, gruppo legale che sostiene il diritto alla vita dei nascituri, il principio è esattamente opposto. Non esiste cioè un diritto all’aborto legalmente sostenibile, esiste piuttosto «[…] l’obbligo internazionale di tutelare il diritto alla vita, compreso quello del nascituro. È importante ricordare ai legislatori che l’OMS non ha autorità legale al riguardo e che il potere di emanare leggi e politiche su questioni relative alla salute risiede saldamente a livello nazionale».

La Koren critica anche il fatto che nel documento dell’OMS l’aborto sia rappresentato come un diritto umano. «La legge internazionale sui diritti umani riconosce il nascituro come titolare dei diritti», afferma. «I governi che consentono l’aborto non stanno quindi solo approvando una tragedia dei diritti umani su vasta scala, ma stanno anche violando i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale di salvaguardare la vita umana, compresa quella del nascituro».

«L’OMS ha ragione nell’affermare che tali procedure sono estremamente pericolose», aggiunge ancora Elyssa Koren, «ma ciò non giustifica in alcun modo la modifica delle leggi nazionali per sanzionare l’interruzione della vita nascente. Deve essere chiaro che l’agenda pro-aborto non è solo contro la vita, ma anche contro la donna». Contro tutte le donne.

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