«Nostradomus». Il Carmine e il Redentore

La bellezza della famiglia attraverso storie, apologhi, aneddoti e spunti raccolti oggi per seminare un domani migliore

L’Italia, come tutti sanno, è un Paese straordinariamente ricco di tradizioni popolari, che risalgono a un passato anche lontanissimo e che si sono perpetuate nel tempo per giungere sino a oggi. Fra queste, le feste di origine e ispirazione religiosa, segno e testimonianza della spiritualità diffusa che permeava il quotidiano e che si vestiva di lusso in occasioni particolari.

Due di queste festività cadono in questi giorni del mese di luglio e danno vita a feste, fiere e sagre paesane da Nord a Sud, in tutta la Penisola, nelle città e nei luoghi di vacanza.

La prima e più diffusa è la celebrazione di Maria, Madre di Gesù, invocata con il nome di Nostra Signora del monte Carmelo, o Madonna del Carmine.

Il monte Carmelo, il cui nome significa in ebraico «giardino di Dio», è considerato già nella Bibbia uno dei luoghi più belli della Terrasanta e rappresenta un luogo privilegiato dell’incontro con il Signore, metafora del Paradiso. Si trova poco lontano da Nazareth, nell’alta Galilea fra Haifa a Jenin, dove, secondo la tradizione, la Sacra Famiglia avrebbe sostato di ritorno dall’Egitto. Maria è invocata con il titolo di Madonna del monte Carmelo come il «fiore più bello del giardino di Dio», piena di tutte le virtù, modello per la vita contemplativa e in particolare madre premurosa, sorella e patrona dei religiosi carmelitani, che sul monte posero la sede primigenia del proprio ordine eremitico e contemplativo, nel XII secolo.

La memoria liturgica della Madonna del Carmine ha numerosi devoti, cade il 16 luglio e per tutto il fine settimana borghi e città italiani sono percorsi dalle celebrazioni in Suo onore, che prevedono spesso la processione che accompagna la statua o l’effigie di Maria, ma anche tavole imbandite e bancarelle nelle piazze.

L’altra festa tradizionale, fissata alla terza domenica del mese di luglio, cioè oggi, ma che di nuovo coinvolge anche i giorni precedenti, è quella del Redentore, o Festa Famosissima, che sfoggia a Venezia sfarzo e meraviglia stupefacenti.

È una tradizione secolare, che ricorda la fine dell’epidemia di peste che imperversò in laguna dal 1575 fino a luglio del 1577, quando finalmente fu dichiarata debellata. È un evento molto sentito dai veneziani, in cui convivono l’aspetto spettacolare e quello religioso e la partecipazione popolare è molto vivace, mentre la città si anima come non mai.

La festa inizia il venerdì sera, quando avviene l’apertura per le processioni del ponte votivo che collega la Fondamenta delle Zattere con la Chiesa del Redentore, sull’isola della Giudecca, commissionata all’architetto Andrea Palladio (1508-1580) e costruita ex voto per impetrare la liberazione dalla pestilenza. Il ponte rimarrà fino a mezzanotte di domenica.

Per tutto il sabato le rive delle Zattere e della Giudecca sono illuminate a festa, e i veneziani festeggiano con cibo e musica sulle barche e nei palazzi storici del Canal Grande e del Bacino di San Marco, per finire puntuali con il naso all’insù alle 23.30, per ammirare i fuochi d’artificio.

La domenica è il momento delle Regate del Redentore, lungo il Canale della Giudecca, in cui si sfidano giovani e meno giovani sui tradizionali «pupparini» o sulle gondole. La festa si conclude con la Messa Votiva nella Chiesa del Redentore sull’isola della Giudecca, segno di quel colloquio, di quel dialogo con il Sacro che varrebbe la pena, in questi tempi tribolati, evitare di scordarsi.

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