«Nostradomus». I pellegrini, il viaggio, le vacanze

La bellezza della famiglia attraverso storie, apologhi, aneddoti e spunti raccolti oggi per seminare un domani migliore

Spiaggia con ombrelloni

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Settimana dopo settimana, domenica dopo domenica, le città italiane, in estate, piano piano si svuotano. In luglio e soprattutto in agosto si resta in pochi, nei condomini e nei palazzi milanesi, torinesi, romani e di altrove.

Niente a che vedere con il vuoto pneumatico, il nulla assoluto, il silenzio completo dei vecchi e dei poveri che vi era negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta del secolo scorso (che a dirlo pare passato, appunto, un secolo), quando a Milano trovare una latteria, una panetteria aperta costava chilometri a piedi, ché pure il tram passava più di rado. Si andava in vacanza tutti insieme, in quegli anni.

Oggi è diverso. Oggi tutto è cambiato e gli abitanti delle città non spariscono d’un colpo, quasi evaporati, lasciando un tremolio di afa sull’asfalto. In vacanza si va di meno, e scaglionati. Eppure ci si va, e giustamente, in barba al CoViD e alla crisi.

Di villeggiatura parlava già diffusamente nel 1761 il celebre commediografo veneziano Carlo Goldoni (1707-1793), con ben tre opere dedicate ai piaceri, e ai dispiaceri, delle vacanze in campagna. Non tutti, forse, sanno però dove risieda l’origine dell’idea del viaggio, che parte da lontano e giunge sino ai voli low cost di oggidì, diretti verso il lontano da qui.

È d’aiuto in tal senso il Dizionario elementare della civiltà cattolica, edito dall’Istituto di Apologetica (IDA) di Milano nel 2017, che alla voce “turismo” racconta delle origini degli spostamenti delle persone, esclusi quelli per ragioni puramente pratiche.  «[…] Il Medioevo è l’epoca in cui si comincia davvero a viaggiare. Il mezzo di trasporto più diffuso era pedibus calcantibus, a piedi, attraversando strade che erano poco più di sentieri, angusti e con dislivelli per scalatori. Nonostante tutto si viaggiava, quasi sempre per motivi religiosi; proprio dalla cristianità originava il viaggio come metafora della vita: dalla nascita alla morte e poi il passaggio nella vita eterna».

Oltre ai poveri e ai vagabondi, oltre ai chierici che si spostavano di università in università, viaggiavano infatti i pellegrini. Diretti a Gerusalemme, a Roma a Santiago di Compostela, oppure a Monte Sant’Angelo, a Bari per visitare San Nicola, a Mont Saint-Michel, a Rocamadour, a Sant’Antonio di Vienne, a San Salvador di Oviedo, a Canterbury, a Colonia. In un’epoca in cui spostarsi era scomodo e periglioso, racconta il Dizionario, si viaggiava «[…] solo per l’Assoluto. Per espiare delle colpe e ottenere il perdono, per ringraziare dopo una grazia ricevuta o per chiederla».

Lungo le strade dei pellegrini sorgevano così conventi e santuari, a segnare le tappe del cammino, ma anche locande, osterie, punti di ristoro per i viaggiatori che, a piedi o a dorso d’asino, ben più raramente a cavallo, percorrevano chilometri e chilometri. Centinaia di migliaia di persone «nel tardo Medioevo, ogni anno, si mettevano in cammino per raggiungere un qualche santuario».

La necessità di accogliere i pellegrini ha fatto sì che fossero organizzati servizi sempre più articolati. In realtà, «in Oriente già dal IV secolo erano diffusi gli “xenodochia”, case d’ospiti, gestite da religiosi, che si diffusero poi in tutta Europa dal VI secolo. Nell’VIII secolo agli “xendochia” si affiancano gli “hospitium”, luoghi riservati all’ospitalità dei viaggiatori, letteralmente stanze della casa destinate agli ospiti che generarono spesso città e attività poi da attribuire al concetto di turismo. Queste primordiali forme di accoglienza erano quasi sempre gestite da religiosi e non prevedevano pagamenti, mentre nel basso Medioevo si sviluppano le “locande” in cui, a causa anche della crescita dei viaggi commerciali, si comincia a prevedere un pagamento per vitto e alloggio. È così che, in un certo senso, comincia a svilupparsi l’idea del turismo».

Posto che, come raccontano le fonti storiche a disposizione, i servizi erano spartani, l’igiene approssimativa e il vitto molto semplice, «in questi “ospitali” […] poteva esserci qualche servizio extra, come ad esempio il caldo di un fuoco ristoratore nelle zone e nelle stagioni più fredde, la possibilità di lavarsi, la donazione o la riparazione delle calzature, l’assistenza spirituale con la celebrazione della messa mattutina, la cura in caso di malattia e, visti i pericoli, la possibilità di fare testamento, certi che dopo il trapasso ne sarebbero state osservate le clausole».

Lo sviluppo di questa ospitalità organizzata, continua il Dizionario, «è sempre frutto del Vangelo, il quale richiama ad aiutare il bisognoso e il forestiero, perché, dice Gesù, “Chi accoglie voi, accoglie me” (Mt 10,40). Su questa scia, la Regola di S. Benedetto da Norcia (480-547), scritta intorno al 530, prevedeva un capitolo apposito su “Come debbano essere accolti gli ospiti”, vero caposaldo per la nascita dell’industria del turismo».

Chissà se lo sanno, osti e albergatori della Penisola, di essere in un certo modo eredi dei benedettini. E chissà se i turisti si sentano, magari per un istante solo, pellegrini della vita eterna.

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