Last updated on Dicembre 16th, 2020 at 08:47 am
L’Ambrogino d’Oro entra simbolicamente a scuola. La massima onorificenza che ogni anno il Comune di Milano assegna a personalità che si sono distinte nei propri ambiti, infatti, verrà assegnata quest’anno anche a suor Anna Monia Alfieri, dell’Unione Superiori Maggiori d’Italia (USMI). Storica pasionaria delle battaglie per la libertà educativa e per il diritto all’esistenza delle scuole paritarie, la religiosa è un fiume in piena. «Ricevere questo riconoscimento assume un valore importante», dice a “iFamNews”, «perché arriva vent’anni dopo l’approvazione della legge sulla parità e mentre è in discussione in parlamento la legge di bilancio che sarà determinante per il futuro dell’istruzione. Voglio interpretare questo riconoscimento come un segno di speranza».
E quanto c’è bisogno di speranza oggi per la scuola italiana?
Tantissimo. La situazione attuale è drammatica. Anche attraverso il vostro giornale, abbiamo denunciato ripetutamente nei mesi scorsi il rischio che le scuole paritarie potessero morire. Grazie a un impegno costante, che ha intercettato trasversalità politica, siamo riusciti a far ottenere i fondi sufficienti per garantire il diritto all’istruzione per tutti. Si è trattato di un primo piccolo passo, ma c’è ancora da lavorare, altrimenti il problema si riproporrà più grande che mai tra qualche mese e la stagione scolastica 2021/2022 potrebbe non ripartire.
Uno scenario davvero funesto…
Guardi, il CoViD-19 ha impattato su una situazione della scuola italiana che era già deteriorata. Altrove, in Europa, non stanno attraversando la nostra stessa crisi. Soltanto qui abbiamo avuto scuole chiuse per periodi così lunghi, basti pensare che in Campania, a parte la parentesi di due settimane tra settembre e ottobre, sono chiuse da nove mesi.
Come si spiega questa anomalia italiana?
Soltanto in Italia ci portiamo dietro da anni tre grossi problemi: sovraffollamento delle aule, mancanza di organico e dei mezzi di trasporto. Queste tre grane sono state semplicemente amplificate dal CoViD-19. La pandemia ha portato i nodi al pettine.
L’estate scorsa c’erano i tempi per risolvere tre problemi così annosi?
In quei duecento giorni di chiusura si è perso tempo dietro i banchi a rotelle, gli show televisivi e le dichiarazioni roboanti. Si è persa un’occasione per risolvere i problemi. Abbiamo delegato alla chiusura delle scuole la parte del vaccino: maldestramente si è pensato che lasciando gli alunni a casa si sarebbe abbassata la curva dei contagi e risolto ogni problema. Non è così, perché la curva dei contagi con l’autunno si è rialzata e intanto non è stato fatto nulla per preparare la scuola a questa sfida. E così si è chiuso di nuovo.
E quali sono le peggiori lacune della scuola che ha riaperto a settembre?
L’esclusione di poveri e disabili. Le 143 scuole paritarie che sono state costrette a chiudere sono tutte nelle periferie del Centro-Sud, ricordo inoltre che oggi 285mila alunni disabili sono a casa senza sostegno. E sia tenuto presente un dato: se malauguratamente avverrà lo scenario peggiore, le uniche scuole a salvarsi saranno quelle più costose, che potranno permettersi soltanto famiglie molto facoltose acuendo così la forbice sociale.
Prima parlavamo della legge di bilancio. È fiduciosa?
Non ho letto la bozza, ma da quello che si vocifera non c’è ancora traccia di soluzioni per risolvere quei tre problemi della scuola che ho citato prima. Abbiamo anche inviato una lettera alle massime cariche dello Stato. Confido che l’assegnazione dell’Ambrogino d’Oro alla mia persona contribuisca a riportare alta l’attenzione.
Cosa propone per evitare lo scenario peggiore, quello della mancata ripartenza della scuola a settembre prossimo?
È urgente che vengano stipulati accordi educativi tra scuole statali e paritarie per l’utilizzo degli immobili che risolverebbe il problema del sovraffollamento delle aule e della mancanza d’organico. Poi è necessario un accordo tra pubblico e privato per i mezzi di trasporto, per mettere in sicurezza gli alunni costretti altrimenti a viaggiare stipati. Non siamo di fronte a un dibattito ideologico. Lo dico chiaramente: o agiamo oppure ci andiamo a schiantare. Perché se la scuola non riapre, è un disastro per il Paese.
E il problema dei docenti precari?
È un altro dei nodi che il CoViD-19 ha fatto venire al pettine. Finora venivano trasferiti i tanti docenti del Sud al Nord, ma con la chiusura delle Regioni non è più semplice farlo. Per questo è necessario un censimento dei docenti, capire dove si trovano le risorse e come distribuirle e organizzare di conseguenza.
C’è chi vede nella tecnologia, nella didattica a distanza il rimedio ai mali della scuola italiana. Cosa ne pensa?
Terribile! È proprio il contrario: la didattica a distanza eleva questi mali all’ennesima potenza. Enfatizza il classismo, perché soltanto i figli delle persone agiate possono avere la certezza di un pc disponibile e di una connessione stabile, nonché di almeno un genitore a casa che possa stare con loro, se minorenni, senza lavorare. E chi viene tagliato fuori, rischia di ingrossare le file della dispersione scolastica e della criminalità. Senza contare che lo stare chiusi in casa porta anche alla deprivazione culturale, all’isolamento, ai disagi mentali: tutti aspetti che hanno enormi costi sociali. Guardi, se non risolviamo davvero e in fretta il problema scuola, rischiamo di rovinare intere generazioni.