Last updated on aprile 6th, 2021 at 05:29 am
Lo hanno chiamato «V-Day». La giornata in cui è stato lanciato il vaccino anti-CoViD-19 in Europa ha assunto i crismi di una data epica. In tempi di secolarizzazione e di scientismo la panacea che salva l’umanità sembra non venire più dal Cielo, come avrebbero confidato i nostri padri, ma da un laboratorio. La scienza in effetti è molto utile. Ma affidarsi a essa non esclude affatto la fede in Dio.
Lo ricorda il professor Francesco Agnoli, docente di Materie umanistiche e autore della serie di video-lezioni Filosofia per tutti. Lo fa nel suo Scienziati, dunque credenti, giunto oggi alla terza edizione. Da Giovanni Keplero a Blaise Pascal, passando per Louis Pasteur, Niccolò Copernico e Isacco Newton, nonché per i meno conosciuti Georges Edouard Lemaître e Francesco Lana de’ Terzi, il volume porta il lettore a una conclusione: i padri della scienza moderna hanno creduto in Dio.
Ritiene che, in questa fase di pandemia, sia importante ribadire che scienza e fede sono tutt’altro che antitetiche?
La pandemia rivela chiaramente a tutti che si muore, che la vita non è in nostro pieno possesso, che la scienza è grande, potente, ma anche limitata. Ricorda insomma una caratteristica fondamentale della natura umana: l’uomo ha una ragione, un’intelligenza e un’anima spirituale che lo pone al di sopra della natura, che permette di dominarla, sì, ma solo in parte. Perché la ragione umana è la ragione con la «r» minuscola, quella che legge il libro della natura, ma non quella con la «R» maiuscola, che quel libro lo scrive ogni istante.
La scienza è però importante…
La scienza aiuta a vivere, ma non per sempre. La fede dà invece il senso della vita e mette l’uomo al suo posto: sopra i sassi, le piante, gli animali, le stelle, ma sotto Dio. Bisognerebbe ricordare che tutta la filosofia classica e cristiana fa proprio il motto di Socrate: sapere di non sapere. Oppure, come diceva Pascal, filosofo credente e scienziato, sapere che «ci sono infinite cose che superano la nostra ragione», sia nell’ordine naturale, sia, tanto più, in quello soprannaturale. Tutti i grandi scienziati sanno di non sapere e sono animati da un profondo senso del mistero, poiché capiscono di non potere mai capire interamente, camminando sempre verso un Sapere che sanno essere per l’uomo inesauribile.
Questa emergenza sanitaria agevola la deriva positivista e addirittura scientista?
Non credo. La è pandemia è un fatto. La medicina lo affronta con strumenti limitati. La politica, l’economia, il potere cavalcano la crisi. Come sempre, ma oggi più che mai. Forse che in ogni guerra non ci siano pescecani che ingrassano economicamente e politici che approfittano per aumentare il proprio potere? Tutto il Novecento, penso in particolare alle due guerre mondiali, dice questo. Le stesse dittature non sono nate per emergenze, anche vere, ma strumentalizzate?
Come deve porsi allora un cattolico davanti a questa situazione?
Un cattolico vede che tutto traballa, che la tempesta si alza, ma sa che il Bene vince. Forse non oggi, forse neppure domani, ma comunque alla fine vince. I cattolici adorano un Dio che si è fatto crocifiggere, che apparentemente ha perso.
Perché un cattolico dovrebbe pregare affinché si trovi, specificamente, un vaccino contro il CoViD-19 e non, genericamente, perché si possa arginare il virus?
Un cattolico deve pregare perché sia fatta la volontà di Dio, che comprende anche la ricerca delle cure giuste. Ma il suo messaggio non può essere uguale a quello di una multinazionale che produce farmaci, non può limitarsi a ciò. Non può fingere che la salvezza venga da una Pfizer.
A proposito di vaccini, quanto è attuale oggi la figura di Pasteur, padre della microbiologia?
Tantissimo. Un grande scienziato, un grande credente, e coraggioso. Il suo motto è celebre e lo si trova anche, con parole più o meno simili, in altri altri giganti della scienza. Recita così: «Poca scienza allontana da Dio, molta vi riconduce». Voglio ricordare anche un’altra sua riflessione: «Al di là di questa volta stellata che cosa c’è? Nuovi cieli stellati. Sia pure! E al di là ancora? Lo spirito umano, spinto da una forza irresistibile, non smetterà mai di chiedersi: che cosa c’è al di là? Vuole esso fermarsi, sia nel tempo, sia nello spazio? Poiché il punto dove esso si ferma è solo una grandezza finita, soltanto più grande di tutte quelle che l’hanno preceduta, non appena egli comincia ad esaminarlo ritorna la domanda implacabile senza che egli possa far tacere il grido della sua curiosità… Colui che proclama l’esistenza dell’infinito, e nessuno può sfuggirvi, accumula in questa affermazione più sovrannaturale di quanto non ce ne sia in tutti i miracoli, perché la nozione dell’infinito ha la doppia caratteristica di imporsi e di essere insieme incomprensibile… Io vedo ovunque l’inevitabile espressione della nozione dell’infinito nel mondo. Attraverso essa, il soprannaturale è in fondo a tutti i cuori».