Last updated on Dicembre 20th, 2020 at 04:23 am
La crisi che il mondo sta attraversando pone persone, famiglie, comunità e Paesi di fronte a scelte a volte drammatiche, comunque sempre difficili. L’Unione Europea (UE) lavora per instradare definitivamente il Vecchio Continente al “politicamente corretto”, punendo chi, come Polonia e Ungheria, non si adegua. Il tutto è peraltro paradossale. Il Recovery Fund è pensato per sostenere economicamente le generazioni future, ma quali? L’Europa è infatti in pieno inverno demografico e gli Stati membri sono al di sotto della soglia di rimpiazzo generazionale. La coerenza vorrebbe che l’elemento demografico fosse al centro dei piani miliardari della UE e invece accade proprio il contrario.
Vincenzo Sofo, deputato europeo della Lega, eletto nella circoscrizione Sud, ne ragiona con “iFamNews”
Onorevole, a Bruxelles lei ha appena presentato un’interrogazione su natalità, immigrazione e aborto. Per dire cosa?
Si tratta di un’interrogazione alla Commissione Europea (CE) sul tema del drammatico inverno demografico italiano e più in generale europeo. I dati dell’ISTAT, che prevede per il 2021 un ulteriore crollo delle nascite nel nostro Paese sotto la soglia delle 400mila, e il sondaggio dell’Istituto Toniolo, secondo il quale oltre il 70% degli italiani tra i 18 e i 34 anni ha deciso di sospendere o persino di annullare l’idea di mettere su famiglia a causa della crisi indotta dal CoViD-19, sono segnali allarmanti relativi su un tema, la natalità, che dovrebbe essere invece il fulcro delle politiche europee e che pertanto dovrebbe essere affrontato con urgenza estrema.
Per questo ho chiesto alla CE di chiarire come mai questa problematica non sia al centro dell’agenda della UE e anzi, invece che attivare programmi di sostegno alle nascite, questa istituzione si stia concentrando sull’incentivo all’aborto, salvo poi promuovere politiche favorevoli all’immigrazione giustificandole con la necessità di far fronte all’invecchiamento e alla mancata crescita della popolazione europea. In particolare, sulla sponsorizzazione della pratica abortiva, sto notando un forte attivismo da parte di Parlamento Europeo e Commissione, che si aggiunge alla marcata impronta LGBT+ che la UE vuole dare al percorso di integrazione comunitaria dei prossimi anni.
L’Europa assomiglia a un Leviatano che cresce giorno dopo giorno…
È evidente come la UE voglia approfittare dell’emergenza CoViD-19 per accelerare il processo di integrazione europea, com’è stato d’altronde ammesso dallo stesso presidente della CE, Ursula von der Leyen. Il problema è quale sia il punto di arrivo. Esplicita è del resto l’intenzione della UE di strumentalizzare le necessità degli Stati membri, messi in ginocchio dalla pandemia, per barattare il sostegno economico con la cessione di spazi di sovranità nazionale. Basti pensare al fatto che una delle condizioni di accesso al Recovery Fund sarà l’adeguamento alle raccomandazioni UE, che, per intendersi, per l’Italia significa allinearsi alla “direttiva Bolkestein”, che prevede la liberalizzazione delle concessioni demaniali marittime, o cedere alla richiesta di eliminare le esenzioni fiscali per le nostre autorità portuali. In questo momento queste misure rischierebbero di consegnare le nostre spiagge a multinazionali e i nostri porti a potenze straniere come la Cina.
Prima dell’estate, però, mentre tutti dibattevano delle condizionalità economiche del piano di rilancio europeo, il sottoscritto lanciava l’allarme su un altro aspetto oggi venuto alla ribalta: il rischio, che ormai è praticamente una certezza, delle condizionalità etiche, ossia il fatto che la UE utilizzi i soldi come arma di ricatto per imporre agli Stati leggi filo-LGBT+, filoabortiste, a favore di una immigrazione di fatto senza regole, e così via.
È immaginabile, nel Parlamento Europeo, un’alleanza politica fondata sulla difesa di vita e famiglia?
Tra i gruppi parlamentari di Identità e Democrazia da un lato e i Conservatori dall’altro ci sono sicuramente i presupposti per costruire un asse a difesa dei valori della vita e della famiglia. Lascia invece molto più perplessi l’atteggiamento di distacco, se non addirittura di avversione a questi temi, adottato dal Partito Popolare Europeo (fatta salva qualche eccezione individuale). A ogni modo credo che sia il momento di lavorare a questo obiettivo, poiché a breve si terrà un appuntamento di cui nessuno sta parlando, ma che sarà cruciale per il futuro del continente e dell’istituzione che lo governa: la Conferenza sul futuro dell’Europa. Perché, se l’Europa vuole avanzare nel progetto di cooperazione tra i popoli (principio che, in linea generale, condivido), prima di procedere è bene chiarirsi sull’obiettivo. Qual è la missione che vuole darsi l’Europa? Qual è la visione di società che vuole promuovere? Qual è l’identità che vuole difendere? Insomma, che cosa vuol diventare? Perché se il fine è costruire un grande centro unitario di potere, dominato da lobby finanziare ed etiche, che trasformi l’Europa in un grande spazio commerciale abitato da consumatori standardizzati che facilitino il compito degli uffici marketing delle multinazionali, allora è evidente che non sia questa l’Europa sognata alla caduta del Muro di Berlino.