Una recente newsletter inviata dal network di George Soros (info@georgesoros.com) comunica che l’inarrivabile magnate e benefattore dell’intera umanità non ha finanziato le proteste violente che hanno accompagnato le manifestazioni per la morte di George Floyd in tutto il mondo. «Sull’omicidio Floyd e sulla falsa idea che le persone che scendono in strada per esprimere la propria angoscia siano pagate da Soros o da altri, le Open Society Foundations hanno già rilasciato una dichiarazione. […] Anche numerosi mezzi di comunicazione hanno verificato l’infondatezza di questa falsità: tra questi The New York Times, Snopes, Politifact, Reuters, AFP, e Vox. Siamo in contatto con i gestori delle piattaforme social, ma finora né Twitter né Facebook hanno fatto nulla di significativo per fronteggiare questa situazione oltraggiosa. Aiutateci quindi a dire la verità attraverso qualunque mezzo di comunicazione in cui siate coinvolti e sentitevi liberi di diffondere la nostra dichiarazione sui canali social media». Nel citato comunicato ufficiale di Open Society si riafferma quindi con orgoglio il sostegno alle «organizzazioni che promuovono l’impegno civico e che difendono il diritto di tutti gli americani».
Ne prendiamo atto con piacere sincero. Tuttavia, di fronte al fatto che nessuno abbia accusato apertamente Soros di essere dietro ai facinorosi che spaccano e che devastano per fare la forca a Donald J. Trump nell’approssimarsi delle elezioni presidenziali di novembre, non riusciamo a toglierci dalla mente un adagio latino: «excusatio non petita accusatio manifesta».
Sfugge infatti la ragione di questa smentita preventiva davanti a fatti che, per pura casualità, crediamo, stanno di fatto coprendo lo scandalo sui ritardi del regime cinese nell’informare il mondo del CoViD-19 e sulla complicità dell’Organizzazione Mondiale della sanità di cui pare proprio abbia goduto. Una smentita vera, infatti, laddove si ritenesse necessaria, dovrebbe per lo meno includere l’assicurazione assoluta che le donazioni fatte da Open Society alla Fondazione e al Centro Tides o al Proteus Fund per un totale di circa 9 milioni di dollari siano parimenti estranee ai fatti, ben sapendo che queste organizzazioni non disdegnano sostenere ambienti della Sinistra protestataria. Open Society dovrebbe insomma vincolare le proprie donazioni a iniziative esclusivamente pacifiche, assicurandosi che i percettori non le usino per aiutare movimenti e organizzazioni terze (magari l’Alliance for Global Justice, Refuse Fascism, e così via) ben poco dedite alla promozione pacifica dei diritti civili e dei valori della democrazia statunitense.
Si è invece preferita una smentita né necessaria né richiesta. Curioso.