Regionali. Quali sono i candidati pro-vita?

Appello di 50 associazioni contro la Ru486. Diverse le adesioni, ma timidi i leader

Urna elettorale con mani e schede elettorali rappresentata graficamente

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Last updated on Settembre 25th, 2020 at 01:41 am

È un tema di importanza precipua, su cui le Regioni hanno ampi margini di manovra, eppure sembra non avere infiammato il dibattito elettorale in vista del voto che si terrà domenica e lunedì per rinnovare i consigli regionali di Veneto, Campania, Liguria, Toscana, Puglia e Marche. È il tema della difesa della vita. Cinquanta realtà ‒ tra cui noi di International Family News ‒ non hanno però voluto tacere e hanno lanciato un appello ai candidati affinché si facciano interpreti di politiche favorevoli alla vita nascente e a quella fragile dei malati. La richiesta si snoda attorno a due questioni: respingere le nuove linee guida del ministero della Salute che eliminano l’obbligo di ricovero per l’aborto farmacologico e implementare l’accesso alle cure palliative.

Tra gli ideatori dell’iniziativa vi è Domenico Menorello, già deputato nella scorsa legislatura, che a “iFamNews” spiega come l’iniziativa nasca «da un gruppo di persone che ha a cuore la difesa della vita e la valorizzazione del concetto di comunità». Difendere la vita, prosegue Menorello, è una battaglia ideale ma anche un obiettivo politico reso necessario dal vertiginoso declino demografico in atto.

La battaglia contro la Ru486 a domicilio

Secondo gli estensori dell’appello, la scelta del ministro Roberto Speranza di domiciliare l’aborto con la Ru486 non fa altro, invece, che scoraggiare la generazione di figli. «Questo provvedimento, sottolinea Menorello, è persino incoerente con la Legge 194/78, che rimane comunque una legge negativa, perché questa dispone che l’aborto sia praticato soltanto in ambito ospedaliero». L’ex deputato ricorda inoltre che l’aborto chimico è, per le donne, più pericoloso di quello chirurgico: «Immaginare che questo avvenga non in una struttura ospedaliera significa non solo banalizzare e deresponsabilizzare l’aborto, ma anche esporre la donna a maggiori rischi di salute».

Di qui l’appello: «Le Regioni non avallino acriticamente l’avanzare di una cultura di morte, peraltro di dubbia legittimità e comunque a carico della salute delle donne», si legge, ma diano invece «priorità ad accordi con l’associazionismo per innervare quel sostegno alla maternità previsto persino dall’art. 5 della 194, troppe volte rimasto pressoché lettera morta».

Implementare le cure palliative

Difesa della vita nel grembo materno, della vita delle gestanti, ma ‒ si diceva ‒ anche della vita delle persone malate. L’altra questione su cui pone l’accento il testo è l’effettivo accesso alle cure palliative. Un’indagine della XII Commissione della Camera dei Deputati, conclusa nell’aprile 2019, riconosce con voto unanime che l’Italia, pur essendo stato uno dei primi Paesi a dotarsi di una legge ad hoc sulle cure palliative, è in grave ritardo sulla sua applicazione. Secondo i dati in possesso di Menorello, «la copertura è di appena il 15% rispetto agli obiettivi previsti per le palliative adulte e del 5% per quanto riguarda i bambini». «Un vero e proprio diritto negato», osserva, cui si invitano le Regioni a intervenire.

La “timidezza” della politica

Sono una quindicina i candidati consiglieri (nessuno di Centrosinistra) che hanno aderito in poche ore all’appello, promettendo un «concreto e formale impegno» per il perseguimento dei due obiettivi. Tra loro anche la coordinatrice provinciale di Ancona dell’Associazione nazionale famiglie numerose, Angela Galassi, che si candita nelle Marche per la Lega. Dei candidati presidenti, ha anticipato l’adesione Stefano Caldoro, altri hanno mostrato disponibilità a parlarne dopo il voto.

Intanto Menorello definisce «un segnale positivo» la proposta dell’assessore del Piemonte ai Rapporti con il consiglio regionale, Maurizio Marrone, a impedire la somministrazione della Ru486 nei consultori senza obbligo di ricovero. Tiepida, però, la reazione di Matteo Salvini. «Non ho seguito la vicenda, ma lasciamo che siano le donne a decidere della loro vita e del futuro», ha detto il segretario della Lega. «È chiaro che la politica non ha il compito di dire alle persone cosa debbano scegliere di fare, la politica deve però avere un’idea chiara delle istituzioni», commenta Menorello. «Le istituzioni sono per la vita o per la morte? Per la salute o per i maggiori rischi sanitari? Sono un supporto o no per le persone malate? Ci aspettiamo che i leader politici rispondano a queste domande, magari senza uniformarsi al politicamente corretto ma perseguendo il servizio alla comunità».

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