Last updated on Dicembre 12th, 2021 at 04:01 am
Ho da qualche tempo insegnato a me stesso a scrivere evitando il più possibile i termini «gravidanza» e «gestazione», per esempio quando si parla di settimane e di trimestri entro cui molte legislazioni ritengono un “diritto” sopprimere la vita umana nascente, sostituendoli con «X settimane di vita del bimbo che cresce nel grembo della propria mamma».
La cultura che spregia la vita in cui siamo totalmente immersi gioca infatti sempre con le parole: le nasconde o ne stravolge il significato, si schermisce dietro presunti termini tecnici e brandisce sigle freddamente ipocrite. Per questo mi sono convinto di quanto valga la pena ricordare, a ogni occasione buona, anche la più piccola, il tema vero di cui si sta parlano.
Ancora di recente mi sono sentito “bonariamente” rimbrottare l’uso del vocabolo «bambino» per identificare l’essere unico e irripetibile che vive nel grembo materno da chi mi ha detto di preferirvi «feto». In realtà «feto» va benissimo, come prima ancora va benissimo «embrione». Basta sapere di cosa si sta parlando: feti umani ed embrioni umani. Cioè esseri unici e irripetibili. Persone.
Perché i termini «feto» ed «embrione» non sono sostanziali. Non indicano la natura dell’essere in oggetto. Sono accidenti, che indicano uno stadio dello sviluppo di quell’essere, della sua vita. Vi sono dunque embrioni umani ed embrioni non umani, feti umani e feti non umani. L’aborto di cui stiamo parlando uccide embrioni umani e feti umani. Non di giraffa, non di ippopotamo: di esseri umani.
Adoperare «feto» ed «embrione» per indicare l’uomo è una sineddoche: si adopera una fase della vita umana per indicare tutto l’essere uomo. Lecito. Se il contesto chiaro. Truffaldino, invece, se chiamando l’essere umano con un termine tecnico e neutro che ne indica una fase dello sviluppo si mira a scordarne sia la natura umana sia la vita. Perché mai, condannando persecuzioni, torture e omicidi si fa riferimento, giustamente, al numero degli esseri umani caduti vittime e non si parla invece freddamente solo di «adulti»?
Perché adoperati così «feto» ed «embrione» sono strettamente imparentati a «grumo di cellule».
Personalmente non ho nulla in contrario nemmeno all’uso di «grumo di cellule». Domando solo a chi usa la sineddoche per annacquare l’umanità del bambino nel grembo materno e poi travolgerla nel gorgo dello sciacquone perché da un «grumo di cellule» nel ventre di una madre umana si sviluppano sempre e solo embrioni umani e feti umani, che poi diventeranno neonati umani, adolescenti umani, adulti umani e anziani umani. Sarà, cioè, pure un «grumo di cellule» quello che una mamma nutre e difende fin dal principio, custodendolo come un gioiello sino al parto, e oltre, ma è un «grumo di cellule» umano, mai meno che umano, assolutamente umano.
Chi sostiene che un «grumo di cellule» umano possa essere soppresso a piacimento solo perché è un «grumo di cellule» è solo un «grumo di cellule» che benedettamente nessuno ha soppresso quando era «grumo di cellule».