Pier Giorgio Liverani e Piero Pirovano contro l’attentato all’umanità

Un ricordo di due pro-lifer appena scomparsi, in attesa che il mondo si accorga di combattenti per la verità delle cose come loro

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Spippolando Internet come facciamo tutti spessissimo, e non sempre cercando solo cose banali, mi sono imbattuto in un vecchio articolo di fine agosto 2018, pubblicato nientemeno che su Newsweek. L’articolo “spiega” perché anche le donne possano avere il pene. A parte che sarebbe una pessima sorpresa, l’articolo confutava il fatto che certe femministe di Liverpool avessero detto l’ovvio affermando che le donne, essendo donne, il pene non ce l’hanno. Loro, donne, avevano controllato, una, due, tre volte, e quindi avevano sentenziato.

Quell’articolo è l’antefatto dello scempio odierno del cervello di un mondo che, a domanda, non sa come rispondere cosa sia una donna. Perché «donna» e «uomo» sono solo scelte e convenzioni, tanto che anche testate mediche scrivono e ripetono «individuo con la vagina» e «individuo con il pene».

Ora, l’assurdo non sta nell’evitare di dire «donna» e «uomo». L’improponibile è dire che un termine che tale semanticamente è perché dice certe caratteristiche specifiche determinanti e indica una realtà dotata anche di dette caratteristiche specifiche può essere la propria stessa negazione, cioè dire una cosa contraria e indicare una realtà priva di quelle caratteristiche specifiche determinanti che la fanno essere ciò che è e non altro.

Ovvero: se una «donna» è anche una persona con la vagina e «uomo» anche una persona umana con il pene, l’avere quelle persone diverse quegli organi, ognuna il suo, attiene anche alla definizione di «donna» e di «uomo». Quindi, dire «donna» e «uomo», significa dire anche quelle caratteristiche. Ma se quelle caratteristiche vengono tolte dalle definizioni che le contengono, assieme ad altro, «donna» e «uomo» non diventano categorie inclusive e plurali: semplicemente scompaiono.

Analogamente, se si pretende di dire che «donna» e «uomo» possano indicare anche persone senza anche quella caratteristiche specifiche determinanti, non si rivendicano i diritti dei mille altri presunti sessi che una certa lobby vorrebbe convincerci esistano oltre gli unici esistenti, quello maschile e quello femminile: si stupra il vocabolario e il modo in cui ragiona il cervello umano. Per questo «individuo con la vagina» e «individuo con il pene» per sabotare il concetto di «donna» e si un «uomo» sono un attentato contro l’umanità.

Ragionava in questo modo un alfiere della sacralità della vita umana, scomparso il 7 settembre a 93 anni: Pier Giorgio Liverani (1929-2022). Direttore del quotidiano dei vescovi italiani Avvenire dal 1981 al 1983, perno del Movimento per la Vita Italiano, Liverani ha scritto molto, ma il suo La società multicaotica con il “Dizionario dell’Antilingua” resta una perla.

Pier Giorgio Liverani (1929-2022)

Esiste, scrive Liverani, «un linguaggio della verità e ce n’è uno della menzogna», per questo il mondo sconfortato e sconfortante in cui viviamo versa aceto anzitutto nel vino del linguaggio. Perché, umanamente parlando (ma forse non solo), la verità e la menzogna passano da lì: passano nel senso che si trasmettono attraverso le parole, passano nel senso che trasmettono atttraverso le parole.

Dall’alba dei tempi, l’uomo parla. Parla di pensiero e di realtà. Il linguista statunitense Noam Chomsky e altri si fermano davanti all’irriducibilità del linguaggio umano, che appunto fa l’umano, e impiegano il mistero della parola «mistero».

Da quando parla l’uomo? Da un momento della propria storia oltre al quale non si riesce a dire nulla. Parlare è l’umano. Liverani lo sapeva bene, ed è dal linguaggio di pensiero e di realtà che ha cominciato a difendere l’intangibilità tabù della vita umana.

Piero Pirovano (1941-2022) sa san Giovanni Paolo II. Sullo sfondo, Carlo Casini.

Come Piero Pirovano (1941-2022), altro grande protagonista del Movimento per la Vita, scomparso il 9 settembre a 81 anni. Ne conservo un ricordo personale. L’ho incontrato al telefono anni fa, quando stavo scrivendo un articolo sulla storia dell’eroe per la vita Bernard Nathanson (1926-2011). Ne parlammo e Pirovano mi fece avere un grande, enorme libro di Nathanson che anche nella versione italiana conservava il titolo-macigno, il titolo-sentenza, il titolo-disperazione, il titolo-grido dell’edizione originale: Aborting America. Ebbi per così dire l’impressione che non vi fosse stato uno stuolo di editori italiani pronti a pubblicare quel monumento alla vita. E così ci aveva pensato Piero, mettendo mano ad amici e portafogli. Verrà un giorno in cui la storia di questi unsung heroes della bellezza della vita verrà scritta, così il mondo che tira ignaro diritto si accorga di cos’ha perso? O guadagnato.

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