Last updated on aprile 22nd, 2022 at 10:50 am
Per decenni la narrazione dei filoabortisti è sempre andata in una direzione: depenalizzare il più possibile gli aborti avrebbe aiutato a renderli sicuri e anche limitati nel numero. Sui dati, però, non si può discutere, e alcuni dati recenti sull’aborto dimostrano l’esatto contrario.
A tale conclusione arrivano, loro malgrado, i ricercatori del Guttmacher Institute e dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), due istituzioni non certo note per la difesa a spada tratta della vita nascente. Lo studio congiunto pubblicato su British Medical Journal Global Health mette in correlazione l’incidenza dell’aborto e delle gravidanze “indesiderate” con dati provenienti da 150 Paesi, che analizzano l’evoluzione del fenomeno negli ultimi trent’anni.
La tesi originaria del Guttmacher Institute, illustrata anche con un grafico su Twitter, è quella di dimostrare che, in presenza di leggi pro-life il tasso di aborti sarebbe pressappoco lo stesso tasso dei Paesi con norme più permissive. Uno sguardo più attento ai dettagli del rapporto, tuttavia, porta alla luce una realtà molto diversa.
Le campagne pro-life funzionano
Secondo il nuovo rapporto, il tasso di aborti negli Stati Uniti d’America è diminuito del 48% dall’inizio degli anni 1990. Uno dei motivi è la riduzione delle gravidanze “indesiderate”, ma andrebbe aggiunto anche il fatto che un numero sempre maggiore di queste gravidanze inattese viene portato a termine.
Se all’inizio degli anni 1990 venivano abortiti circa il 50% dei bambini concepiti in modo inatteso, tra il 2015 e il 2019, la stessa percentuale è scesa al 34%.
Risultati che, secondo il sito Life News, sarebbero da ricondurre in primo luogo alla crescita di una cultura della vita nell’ultimo trentennio, a una maggiore assistenza alle donne incinte in difficoltà, a una più efficace rete di centri di aiuto alla vita e anche all’approvazione di leggi pro-life.
Il vero progresso è a favore della vita
Che le leggi abbiano un effetto pedagogico è dimostrato anche dai dati provenienti da un Paese come la Polonia, il cui tasso di aborti è sceso addirittura del 76% a partire dai primi anni 1990. Anche la percentuale di gravidanze inattese conclusesi con un aborto è scesa dal 64% al 37%.
Dopo un quarantennio comunista, caratterizzato da una legislazione piuttosto anti-natalista, il parlamento polacco ha iniziato ad approvate una serie di leggi sempre più favorevoli alla vita, e questo a partire da quella del 1993 che consentiva l’aborto solo in caso di stupro, incesto, grave deformazione del bambino concepito o gravi minacce per la salute o la vita della madre. Nella misura in cui, numerosi governi stanno promuovendo politiche per la riduzione dei tassi d’aborto e di gravidanze indesiderate, i nuovi dati potrebbero fornire ulteriore solidità alle ragioni dei difensori del diritto alla vita e delle loro battaglie, incoraggiando così sempre più politici ad abbracciarne le cause.