Per un uomo si usa il maschile. Alla BBC non più

Se dai per scontato che un uomo sia maschio e una donna femmina, qualcuno prova disagio. Benvenuti al mondo nuovo

La sede della BBC

Image from BBC's official Facebook page

Last updated on Luglio 30th, 2020 at 03:58 am

«Mario Rossi/ella», «Laura Verdi/egli», «Carlo Bianchi/essi». Non è semplice tradurre in italiano la rivoluzione linguistica in atto nella BBC. L’emittente britannica ha avviato infatti una grande campagna interna di sensibilizzazione di dipendenti, giornalisti, poligrafici e personale amministrativo per combattere la «transfobia». Come? Invitando tutti a firmare le e-mail aziendali aggiungendo al proprio nome il pronome con il genere nel quale ci si riconosce…

Insomma, se un dipendente uomo si sente donna può utilizzare il pronome femminile, chiedendo così implicitamente al destinatario della sua missiva di adeguarsi. I non-binari, ossia chi non si riconosce né nel genere maschile né in quello femminile, possono utilizzare un pronome neutro, persino plurale, per esempio «they».

Proprio alla BBC

Che tutto ciò avvenga alla BBC è già di per sé una notizia. La BBC è infatti la prima compagnia di broadcasting al mondo. Fondata il 18 ottobre del 1922, è presto diventata una delle testate più autorevoli al mondo, conosciuta e apprezzata per lo stile rigoroso e puntuale, per i grandi reportage e per il severo protocollo di verifica delle notizie. Senza troppi giri di parole: se fai il giornalista, ogni tanto la BBC la devi guardare. Non a caso in tutte le grandi redazioni un televisore è acceso h24 sul canale britannico.

Ora, nonostante la crisi drammatica che l’informazione affronta da oltre 10 anni (un mese prima del lockdown per il CoViD-19 la stessa BBC aveva annunciato 450 licenziamenti), parte sostanziale dell’attenzione della storica emittente si è concentrata sulle regole imposte dai gruppi LGBT+.

Del resto, secondo un sondaggio interno all’azienda, il 2% dei dipendenti, cioè circa 400 persone, non si riconosce nel proprio sesso biologico. Il pronome al termine della e-mail eviterebbe così la discriminazione (questo è quanto viene affermato) che si verificherebbe quando qualcuno si riferisca a un uomo utilizzando il pronome maschile.

Screenshot from transmediawatchitalia.info

La BBC non è però la prima realtà dove il pronome libero inizia a diffondersi. A fine gennaio Vogue Italia ha pubblicato un lungo articolo di Amelia Abraham, autrice di Queer Intentions: A (Personal) Journey Through LGBTQ+ Culture, dal titolo «Perché i pronomi di genere neutro sono così importanti». È un pezzo corale nel quale si alternano le voci di influencer e artisti che sostengono l’importanza di una mutazione radicale nella lingua. «Utilizzo i pronomi “they/them” (loro) in quanto non mi identifico con l’essere uomo, che è il genere che mi è stato assegnato alla nascita. È difficile spiegare la cosa a parole, ma quando la gente dà per scontato che io sia un uomo, mi sento a disagio. È un pugno nello stomaco e anche un po’ dissociativo», confida Amrou Al-Kadhi, definito dall’autrice «performer e soggettista londinese».

«Utilizzare il pronome sbagliato nel riferirsi a una persona è un po’ come chiamarla con il nome sbagliato: non è illegale, ma quella persona ha tutti i diritti di sentirsi ferita», aggiunge Kirby Conrod, linguista nella University of Washington di Seattle.

Redazione londinese della BBC. Image from BBC’s official Facebook page

Regole per un italiano più inclusivo

NEG Zone ha stilato invece una vera postilla al galateo per declinare le buone norme di comportamento: «Se non sappiamo il genere della persona con cui ci interfacciamo o se non ci è dato saperlo, dobbiamo necessariamente utilizzare i pronomi indefiniti e i verbi impersonali». Questo quanto si legge sul portale dedicato alle tematiche LGBT+.

«Anziché chiedere “ieri ti sei divertito?” o “ieri ti sei divertita?”, chiederemo “ieri è stato divertente?”, così da indicare qualcuno o qualcosa in modo generico ed evitare di urtare la sensibilità e di invadere la privacy altrui».

In italiano dunque, data una fastidiosa resistenza che la lingua pone all’ideologia, si preferisce utilizzare l’asterisco, troncando così le desinenze maschili e femminili, come ricorda Trans Media Watch Italia, l’Osservatorio dei media a tema transgender, non-binary e gender creative. Il quale aggiunge: «Non ci sono ricerche in merito ma è plausibile che questo ostacolo linguistico si traduca in ostacolo nella vita di tutti i giorni anche per le persone intersex e non binarie. Per questo è importante che le istituzioni comincino a rendere il linguaggio il più possibile inclusivo modificandolo anche artificialmente e non lasciandosi intimorire dalle proteste, perché nel lungo termine, influenza positivamente l’economia nazionale e l’emancipazione di tutta la cittadinanza».

Screenshot from neg.zone

Non sorprende che queste battaglie siano portate avanti da associazioni la cui sopravvivenza e sostenibilità economica è vincolata in modo inscindibile all’approvazione dell’agenda del politicamente corretto. Se a promuovere l’agenda è però una delle agenzie di stampa più autorevoli del mondo, appare evidente che il confine tra realtà e ideologia, tra cronaca e opinione, tra libertà di stampa e politicamente corretto, è stato ormai ampiamente superato.

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