Last updated on aprile 22nd, 2020 at 10:24 am
Finalmente a Bruxelles c’è chi si occupa dei bambini. Per eliminarli. Come? Garantendo «i diritti sessuali riproduttivi» alle ragazze. Tradotto: continuando a fare propaganda a favore dell’aborto, anche in tempi del CoViD-19.
Appuntamento a Bruxelles
Nelle scorse settimane, al Parlamento Europeo si sono dati appuntamento i rappresentanti di sei importanti e ben note Organizzazioni non governative: World Vision International, Save the Children International, Plan International, ChildFund Alliance, Terre des Hommes Federation e Sos Children’s Villages International. Lì hanno incontrato alcuni membri della Commissione europea e dell’Intergruppo dell’Europarlamento sui diritti dell’infanzia per «assicurarsi che l’Unione Europea persegua gli obiettivi della sviluppo sostenibile e della Convenzione sui diritti dell’infanzia». Andrew Morley, presidente e amministratore delegato di World Vision International, ha affermato: «Qui, nelle stanze del potere di Bruxelles, siamo allineati. Il nostro messaggio è semplice: i bambini devono essere protetti dalla violenza. Le loro voci devono essere udite. I diritti dei minori devono essere ascoltati».
Propositi apparentemente generici, alle cui spalle si celano però progetti ben più concreti, che i sei rappresentanti hanno messo nero su bianco in una lettera inviata ai ministri dello Sviluppo degli Stati membri. In una iniziale bozza della missiva avevano scritto che, durante l’isolamento obbligato motivato dalla pandemia, «la salute e i diritti sessuali e riproduttivi delle ragazze e delle donne devono continuare a essere prioritari, finanziati e riconosciuti come salvavita, assieme ai servizi sanitari essenziali per i giovani e per la sopravvivenza e la crescita sana dei bambini».
Gli esponenti delle Ong, riuniti con il nome Joining Forces, dichiarano dunque «fondamentale» che gli operatori sanitari «siano adeguatamente formati e in grado di fornire servizi sanitari non discriminatori, inclusa la salute sessuale e riproduttiva, agli adolescenti e ai giovani». Il rischio, secondo gli autori della lettera, è che si ripeta quanto sarebbe accaduto in Africa durante l’epidemia di Ebola, allorché, scrivono, «l’accesso limitato alle informazioni e ai servizi di salute sessuale e riproduttiva ha contribuito all’aumento sia delle gravidanze fra le adolescenti sia della mortalità di madri e di bambini». Come a dire: per evitare complicazioni durante la gravidanza, non si sollecita una cura ginecologica maggiore, bensì si chiede di intervenire alla radice, sopprimendo il nascituro.
World Vision International dice «no»
L’unità d’intenti tra le sei organizzazioni sembra però aver iniziato a scricchiolare. Come riporta il Center for Family and Human Rights di New York, noto come C-Fam, Sheryl Watkins, responsabile delle comunicazioni di World Vision International, ha risposto per conto dell’organizzazione cristiana di beneficenza attiva da 70 anni con una e-mail in cui osserva: «La lettera e gli allegati erano una bozza. Su richiesta di World Vision, il linguaggio sull’aborto è stato rimosso. World Vision è a favore della vita. Convinti che la vita inizi al concepimento, non riteniamo opportuno che World Vision fornisca o raccomandi alle donne aborti o metodi di controllo delle nascite che siano abortivi». Watkins, tuttavia, non ha precisato se i termini «salute e diritti sessuali e riproduttivi» siano stati rimossi dalle raccomandazioni finali della missiva.