Per gli USA il diritto internazionale all’aborto non esiste

Scontro all’ONU sulla “neolingua” che serve a mascherare la «cultura di morte»

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La missione diplomatica degli Stati Uniti d’America all’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ha respinto, e per il momento fermato, un progetto di risoluzione e di accordo sull’assistenza umanitaria per le emergenze, inclusa la pandemia di CoViD-19, che avrebbe confermato la promozione dell’aborto. Dopo la formale protesta di maggio, con cui l’Amministrazione guidata da Donald J. Trump ha denunciato l’uso strumentale della pandemia da parte dell’ONU proprio per diffondere l’aborto, la Casa Bianca è passata ai fatti.

«Gli Stati Uniti non possono accettare l’espressione “servizi di assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva” e “salute sessuale e riproduttiva”», sentenzia la dichiarazione rilasciata dai diplomatici statunitensi il 2 giugno, spiegando perché il governo di Washington non abbia potuto accettare la bozza dell’accordo annuale sul lavoro umanitario svolto dall’ONU. «Alle Nazioni Unite e in altre sedi gli Stati Uniti continueranno a operare per costruire un consenso su una terminologia chiara che promuova al meglio la salute delle donne e che non includa la promozione dell’aborto», spiega infatti la dichiarazione di Washington, aggiungendo che i contribuenti statunitensi hanno generosamente contribuito, appunto, per oltre 11 miliardi di dollari alla risposta globale alla pandemia. Dunque «gli Stati Uniti respingono qualsiasi interpretazione dei diritti umani internazionali che preveda l’imposizione agli Stati membri di garantire accesso all’aborto», giacché «[…] non esiste alcun diritto internazionale all’aborto, né esiste alcun obbligo da parte degli Stati di finanziare o di facilitare l’aborto».

Il rappresentante permanente degli Stati Uniti all’ONU, Kelly Craft, ha inoltre dato voce alle preoccupazioni di Washington per il fatto che le espressioni incriminate, utilizzate normalmente dalle agenzie dell’ONU per promuovere l’aborto, non siano state prese in considerazione dal collega del Marocco che ha guidato i negoziati per la stesura della risoluzione consensuale. Del resto i diplomatici marocchini hanno sempre ignorato qualsiasi proposta di modifica antiabortista della terminologia impiegata. La sfida è però solo rimandata alle nuove riunioni ora in corso (dal 9 all’11 giugno). Al fronte pro life rimane solo la possibilità di bloccare definitivamente la Risoluzione fino a un voto finale in luglio.

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