Per Archie è arrivata la sentenza di morte

L’Alta Corte britannica autorizza la sospensione della ventilazione per il dodicenne in coma cerebrale. La famiglia farà appello

Archie Battersbee

Image from Sky News - YouTube

L’Alta Corte britannica colpisce ancora. L’attesa sentenza sul caso del dodicenne Archie Battersbee è arrivata ieri pomeriggio ed è una sentenza di morte. Per il ragazzo, in coma dal 7 aprile, dopo un incidente domestico capitato nella sua casa di Southend, nell’Essex, i medici hanno richiesto la sospensione di tutte le cure. I genitori vorrebbero, al contrario, salvare la vita del figlio.

Il personale sanitario del Royal London Hospital, dove è ricoverato Archie, ha sempre insistito sull’idea che «molto probabilmente» il paziente sarebbe «morto nel tronco cerebrale». Il giudice ha accolto questa versione, mentre la madre del ragazzo, Hollie Dance, si è detta «devastata» e, d’accordo con tutta la famiglia, ha deciso di fare appello.

La madre: «Non ci arrenderemo»

Nella loro battaglia legale la signora Dance e il padre del ragazzo, Paul Battersbee, sono sostenuti dal Christian Legal Center. Subito dopo la decisione del massimo tribunale britannico, Hollie Dance si è detta «estremamente delusa dalla sentenza del giudice dopo settimane di battaglie legali, quando volevo essere al capezzale del mio bambino».

Secondo la madre di Archie potrebbe essere «la prima volta che qualcuno viene dichiarato “probabilmente” morto sulla base di un test di risonanza magnetica». La donna dice di essere «dispiaciuta» del fatto che l’ospedale e il giudice non abbiano tenuto conto dei desideri della famiglia e ritiene che ad Archie non sia stato «concesso abbastanza tempo».

«Il suo cuore batte ancora, mi ha stretto la mano e, in quanto sua madre, so che è ancora lì», dice. «Finché non sarà per volontà di Dio, non accetterò che debba andarsene. So di miracoli di persone che si sono riprese dopo essere state cerebralmente morte». Inevitabile, quindi, la decisione di tenere duro: «Abbiamo intenzione di fare appello e non ci arrenderemo».

Il giudice: «Danno cerebrale irrecuperabile»

Gli avvocati che rappresentano il Barts Health NHS Trust, ovvero il fondo di gestione dell’ospedale, avevano chiesto al giudice di decidere quali procedure fossero nel «miglior interesse» di Archie.

La settimana scorsa, durante un’udienza di tre giorni davanti alla Divisione famiglia dell’Alta Corte, gli specialisti avevano affermato che i test su Archie non avevano mostrato alcuna attività cerebrale «distinguibile».

Nella sentenza, il giudice dell’Alta Corta Emma Arbuthnot ha concluso che Archie è morto a mezzogiorno del 31 maggio, sulla base della tomografia a risonanza magnetica effettuata quel giorno. «Trovo che la cessazione irreversibile della funzione del tronco cerebrale sia stata definitivamente accertata», dichiara la Arbuthnot.

Il giudice ha quindi autorizzato il personale medico del Royal London Hospital a «interrompere la ventilazione meccanica di Archie Battersbee». La Arbuthnot sottolinea che la devozione della famiglia di Archie è «straordinaria»; tuttavia, sostiene, se il giovane paziente «rimane in ventilazione meccanica, l’esito per lui probabile è la morte improvvisa e le prospettive di guarigione nulle».

Pertanto, sottolinea il magistrato, il «danno cerebrale è irrecuperabile» e la situazione di Archie «non migliorerà». Il risvolto drammatico di una morte così rapida, commenta la Arbuthnot, è nell’«incapacità della sua amorevole e amata famiglia di dirgli addio».

Il giudice afferma che, anche se non avesse concluso che Archie fosse morto, avrebbe comunque stabilito che non sarebbe stato nell’interesse migliore del ragazzo continuare a ricevere cure di supporto vitale.

Il medico: «La famiglia avrà tempo per fare appello»

Da parte propria, Alistair Chesser, direttore medico del Barts Health NHS Trust, dichiara che tutti i «pensieri» e le «simpatie» dello staff medico sono rivolti alla famiglia di Archie.

«Coerentemente con le linee guida emesse dalla Corte, i nostri medici esperti forniranno le migliori cure possibili mentre il supporto vitale viene ritirato», aggiunge Chesser.

«Ci stiamo anche assicurando che per la famiglia ci sia tempo per decidere se fare appello prima che vengano apportate modifiche alle cure», conclude il medico.

Exit mobile version