Oregon, il rischio del turismo della morte

Nello Stato del Nordovest americano sono sempre più risibili le motivazioni di chi sceglie il «suicidio assistito»

Ospedale

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L’Oregon, primo degli Stati Uniti d’America a legalizzare il «suicidio assistito», si sta organizzando per consentire ai non residenti di entrare nello Stato al solo scopo di morire.

A seguito di un ricorso che ha contestato la necessità della residenza nello Stato per chi voglia accedere al «suicidio assistito», l’Oregon Health Authority e l’Oregon Medical Board hanno deciso di interrompere l’applicazione della disposizione di legge. I due istituti chiederanno inoltre che il legislatore rimuova, in via ufficiale, il requisito della residenza, consentendo così a un vero e proprio turismo della morte di prosperare.

«Questo requisito era discriminatorio e anche profondamente ingiusto nei confronti dei pazienti terminali, nel momento più critico della loro vita», dichiara Kevin Diaz, avvocato dell’associazione Compassion & Choices. Diaz nega però di voler invogliare persone con tendenze suicide a radunarsi in Oregon. «Non c’è turismo in corso», dice.

Ciononostante, Brittany Maynard, protagonista del più celebre caso di «suicidio assistito» dell’Oregon, si trasferì in quello Stato proprio con il solo scopo di morire. Del resto ache Paesi senza il requisito della residenza per il «suicidio assistito», come la Svizzera, sono meta di viaggi compiuti da persone da tutto il mondo che sono disposte a sborsare decine di migliaia di dollari affinché i medici le assistano nel suicidio.

Motivazioni risibili

Mentre i sostenitori del «suicidio assistito» affermano che sempre più Stati dovrebbero consentire ai medici di uccidere i propri pazienti, proprio i dati dell’Oregon dovrebbero mettere in pausa l’espansione di questo programma mortale.

Il più recente rapporto annuale sull’Oregon continua a mostrare dati preoccupanti. I motivi per cui le persone scelgono il «suicidio assistito», infatti, sono ricorrenti. Per il 93% si tratta della «perdita di autonomia», per il 92% il sentirsi «meno capaci di impegnarsi in attività che rendono la vita piacevole» e il 68% la «perdita di dignità». Lo stacco fra le prime due voci e la terza, ancorché pure la terza lasci di tucco, è tragicamente indicativo. L’Oregon ha anche permesso che le persone vengano uccise per anoressia, affermando di essere il primo Stato per diffusione di malattie mentali. Eppure meno dell’1% dei pazienti uccisi è stato prima indirizzato agli psichiatri. Quanto al dolore insopportabile, cioè il motivo più frequentemente addotto come scusante da chi sceglie il «suicidio assistito», pochissime sono state le persone che se ne sono lamentate.

E il numero di pazienti che sono andati incontro a complicazioni è lievemente aumentato, benché, per su quersto punto, per oltre la metà dei pazienti uccisi non sono disponibili informazioni.

Laura Echevarria, portavoce di National Right to Life, non ha dubbi e lo dice a NBC News: la decisione non solo incoraggerà il turismo della morte, ma aprirà la strada a una moltitudine di altri abusi.

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