Meglio trans che femminista, dice la Sinistra europea

Izquierda Unida in Spagna e Laburisti nel Regno Unito si apprestano a espellere le proprie componenti femministe

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Last updated on marzo 1st, 2020 at 09:25 am

Negli Stati Uniti d’America il candidato del Partito Democratico Bernie Sanders, socialista dichiarato, ha vinto le prime due primarie (New Hampshire e Nevada) per la corsa alla nomination ed è nettamente in testa nel conto dei delegati che alla Convention nazionale del partito, in programma dal 13 al 16 luglio a Milwaukee, nel Wisconsin, decideranno il nome dello sfidante presidenziale. E questa è una splendida notizia per Donald J. Trump.

È bene però che le donne statunitensi che votano per i Democratici e che sostengono Sanders riflettano su quanto sta accadendo nei partiti socialisti e di sinistra europei, ormai pronti a espellere dalle proprie file ogni rappresentante del femminismo. La Sinistra socialista “Made in Usa” e quella canadese, stanno infatti da tempo minacciando e censurando tutte le femministe attive nei propri Paesi. L’accusa comune che rivolgono loro è semplice: difendono il sesso biologico, la dicotomia maschi/femmine, e si oppongono alla ideologia gender e transgender. E per notare questo fenomeno non c’è certo bisogno di essere dei fan del femminismo, movimento sorto dalle rivoluzioni sessuali del Sessantotto e promotore di ogni liberalizzazione dell’aborto, secondo un concetto falso di proprietà personale del corpo e di chi vi nasce dentro.

Fa però simpatia scoprire che, in questi giorni, due importanti partiti della galassia socialista europea, i Laburisti britannici e la Sinistra spagnola, stiano discutendo l’espulsione delle proprie componenti femministe dal momento che queste si ostinano a contrastare l’ideologia gender e a difendere, invece, la sessualità naturale femminile e maschile. L’incredibile dibattito e le decisioni che del tutto probabilmente verranno assunte a favore dell’espulsione segnano una linea di rottura drammatica nella storia e nella strategia del socialismo europeo: l’abbandono dei diritti delle donne e l’abbraccio dell’ideologia del transgenderismo e della fluidità sessuale.

In Spagna, Izquierda Unida (IU) espelle il Partido Femminista de España (PFE) di Lidia Falcón. La dirigenza federale della Sinistra unitaria ha infatti deciso, sabato 22 febbraio, di cacciare, con l’85% dei voti, la leader femminista dal proprio novero «[…] perché si ostina a mantenere posizioni contrarie a quelle approvate negli organi di IU», opponendosi ai dettami dell’ideologia transgender e all’utero in affitto, altrimenti detto maternità surrogata. Da dicembre, infatti, attraverso un comunicato ufficiale e richiamando il leader comunista italiano Antonio Gramsci (1891-1937), il partito femminista aveva dichiarato la propria totale contrarietà alle proposte avanzate dalla Sinistra unitaria su quei temi.

Il PFE era stato integrato nell’IU nel 2015 ed è guidato dall’84enne Falcón, nota protagonista della scena femminista sin dagli anni 1970. Per tutta risposta la leader storica del femminismo spagnolo ha lanciato una sfida a tutto campo alla Sinistra: «[…] proveremo a rinverdire la militanza e a far capire l’orrore della legge trans».

Nel Regno Unito il Partito Laburista procede nella medesima direzione: via le donne che difendono le donne e che non accettano il transgenderismo. La maggior parte dei candidati alla leadership Laburista hanno infatti firmato impegni per i diritti dei trans, che, tra l’altro, etichettando come fomentatori di odio gruppi quali Woman’s Place UK e LGB Alliance, chiedono che i loro membri vengano espulsi dal partito. Un’intolleranza che sta creando un ambiente ostile per le femministe.

Secondo un esponente Laburista, Mark Serwotka, il crescente sentimento antifemminista del partito è segno della terribile misoginia che aleggia sulla Sinistra: e mentre «il bullismo viene presentato come una crociata morale facendo ricorso al linguaggio dell’egualitarismo e dell’inclusione, si promuovo le molestie sulle donne».

L’impulso a espellere le femministe è venuto immediatamente dopo la sconfitta dell’ala radicale dei Laburisti alle elezioni del 2019.

«Sbalordisce», scrive Serwotka sul Morning Star, «il silenzio assordante dei candidati alla dirigenza sul caso di Selina Todd, l’attivista e accademica femminista che deve essere scortata alle lezioni da guardie di sicurezza a causa delle minacce di violenza di cui è stata fatta oggetto» dopo avere giudicato prevaricatrici le censure dell’Università di Oxford contro chi sostiene opinioni diverse rispetto alla vulgata LGBT+.

Non meno preoccupato e inefficace è l’appello di Tony Blair, che lo scorso weekend ha rifiutato di firmare il documento delle organizzazioni LGBT+ che chiede l’espulsione delle femministe dal partito, invitando i dirigenti Laburisti ad abbandonare «le battaglie ideologiche e la cultura guerrafondaia». Tutti i tre candidati alla leadership Laburista sostengono le ragioni delle organizzazioni transgender e così chiunque vincerà appoggerà l’espulsione delle femministe dal partito. Ne prendano atto le donne, il vento del nuovo socialismo europeo non le ama.

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