Last updated on Maggio 7th, 2020 at 04:03 pm
«Corsette, librerie, cibo da asporto: tutte cose legittime, ma in questo contesto il no alla Messa stride terribilmente come una misura fuori luogo. Evidentemente il governo non ritiene la cura dell’anima prioritaria». Tra quanti sono rimasti delusi dalla scelta dell’esecutivo di prolungare la sospensione delle Messe anche durante la «Fase 2», figura Mariastella Gelmini, deputata di Forza Italia, prima firmataria di due emendamenti al “decreto Lockdown” che verranno presentati alla Camera martedì, per chiedere un ripensamento. Firmati anche dall’on. Antonio Palmieri e da altri esponenti Azzurri, i due emendamenti forniscono altrettante proposte: la prima è quella di eliminare il riferimento alle cerimonie religiose nel passaggio del dPCM del 26 aprile sulla sospensione delle attività; la seconda, meno netta, chiede di sospendere o di limitare le cerimonie religiose solo laddove non siano garantite condizioni sanitarie di sicurezza.
Onorevole, sulla scorta degli appelli dei virologi a non sottovalutare il virus, alcuni considerano la richiesta di riaprire le Messe un azzardo…
La nostra proposta è riaprire le Messe ai fedeli alle stesse condizioni di sicurezza sanitaria con cui, dal 4 maggio, saranno riaperte tante altre attività: obbligare l’uso di mascherine, garantire il distanziamento sociale e assicurare la sanificazione degli edifici sacri. In questo modo non si causerà danno alcuno alla salute, ma si tutelerà il diritto di culto.
Dopo le decisa presa di posizione della Conferenza Episcopale Italiana, in un’omelia Papa Francesco ha invitato alla «prudenza» e a obbedire alle disposizioni. L’uscita del Pontefice non ha forse stroncato la campagna a favore della riapertura delle Messe?
Non la interpreto come una presa di posizione contro il comunicato dei vescovi. Papa Francesco ha voluto rimarcare il dovere del rispetto delle regole, ma anche l’importanza del sacrificio che gli italiani stanno facendo. Sacrificio che non va vanificato: la ripartenza che auspichiamo non è un “liberi tutti”, la prudenza è fondamentale per evitare il ritorno dei contagi. Detto questo, secondo noi esistono le condizioni per celebrare la Messa in totale sicurezza.
Si potrebbe valutare una riapertura differenziata, a seconda delle zone d’Italia, anche delle Messe?
Assolutamente. Si potrebbe valutare una riapertura differenziata. Io vengo dalla Lombardia, che è tra le regioni più colpite, ma per esempio in Calabria il tasso R0 [l’indice di contagio -ndr] attesta il rischio allo 0,01. Ecco, nelle Regioni meno esposte credo che, pur mantenendo la prudenza e confidando sul senso civico, ci si possa spingere un po’ più in là e si possa valutare come garantire la libertà di culto ai credenti provati da questa emergenza. Oltre agli importantissimi aspetti economici, vanno infatti considerati anche i sostegni psicologici e sociali che può dare pure la partecipazione alla Messa.
Si va verso il disco verde alle Messe all’aperto dall’11 maggio…
Esistono chiese piccole, dove è difficile attuare il distanziamento sociale. In questi contesti sono favorevole a consentire le celebrazioni solo all’esterno, ma laddove le chiese sono molto spaziose, non vedo perché non si debba aprire, sempre ‒ ripeto ‒ garantendo le misure di sicurezza.
Lei si è fatta interprete della necessità di lanciare un piano per l’edilizia scolastica. Quanto è importante che da settembre gli studenti possano tornare a frequentare fisicamente?
L’educazione digitale è un supporto valido, ma non potrà mai sostituire una lezione in presenza dell’insegnante. Per altro un milione e 600mila ragazzi non hanno la possibilità di collegarsi online. Quindi oggi dobbiamo muoverci su due fronti: da un lato rilanciando un piano di opere pubbliche che riguardi anche le scuole, dall’altro implementando la banda larga e investendo per consentire a tutti di avvicinarsi alla didattica digitale. C’è poi un altro aspetto che mi sta a cuore: se con il lockdown molti genitori sono a casa e hanno più possibilità di seguire i figli nella scuola a distanza, dal 4 maggio molti torneranno al lavoro e non sapranno dove lasciare i figli. Dobbiamo allora dare supporto alle famiglie.
Il governo ha messo in campo i voucher per le baby-sitter…
Sì, ma non bastano. Ricevo molte lettere di donne che mi scrivono di essere costrette a rinunciare al lavoro perché guadagnano quanto costa una baby-sitter. Servono allora sostegni ben più robusti.
In questo scenario come si collocano le scuole paritarie?
Rappresentano un patrimonio di valore inestimabile. Lo Stato deve avere l’intelligenza di finanziarle e di non farle morire, non per aiutare “i privati”, ma per preservare il diritto costituzionale delle famiglie alla libertà di scelta educativa. Va inoltre considerato che il costo medio di uno studente delle paritarie è largamente inferiore a quello di uno studente della statale. È un tema che abbiamo posto con interpellanze e con mozioni, e che continueremo a porre al governo.