“L’unione falla forse”, ma senza la mamma e il papà

Il neoeletto consigliere regionale Elly Schlein “coraggiosamente” paladina della Step Child Adoption

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S’inizia a vedere la direzione in cui vanno i passi avanti che il governatore Stefano Bonacini ha promesso all’Emilia-Romagna. Promesse non proprio sbandierate, in realtà, perché anche di fronte a provocazioni dirette, su certi temi, in campagna elettorale, il silenzio ha dominato la scena. Meglio riempirsi la bocca con la riapertura dei centri nascita o la gratuità dei test prenatali (senza nemmeno lambire il significato profondo della questione), sperando di turlupinare così le famiglie e dimostrando un interesse funzionale solo alla scheda elettorale.

Ma c’è chi l’attenzione non la fa cadere, dopo che i giochi son fatti, e le intenzioni di chi domanda fiducia le va a scovare nei fatti, non nei discorsi. Non può dunque passare inosservato uno dei primi “impegni pubblici” del neoconsigliere regionale di Emilia Romagna Coraggiosa, già parlamentare europeo del Partito Democratico (PD) e possibile nuovo assessore regionale, Elly Schlein, la più votata dagli emiliani con oltre 22mila preferenze. Uscita dal PD renziano nel 2015, aveva partecipato alla nascita di Possibile, abbandonando poi anche questa formazione e di conseguenza una possibile ricandidatura a Strasburgo. Con Vasco Errani si è adoperata per la formazione di una lista di sinistra che compattasse i ranghi in vista delle regionali in Emilia, puntando sui temi dell’immigrazione, della “transizione ecologica”, della “giustizia fiscale” e invocando una generica “uguaglianza contro le discriminazioni”. Per utero in affitto, step child adoption e argomenti affini in campagna elettorale non si sono spese parole. Infatti, tutto sommato, le è andata bene.

Ora che l’impegno elettorale si è finalmente concluso –  e la Schlein non si è certo risparmiata, macinando chilometri su chilometri a una media di cinque incontri al giorno –  è ora di rilassarsi, magari andare al cinema. Quale migliore occasione di unire l’utile al dilettevole della programmazione, al Kinodromo di Bologna, di L’unione falla forse, nella serata dedicata a «Omofobia e unioni civili»?

La sinossi del film documentario di Fabio Leli è interessante: «Nel nuovo progetto del giovane regista pugliese […] i temi centrali sono l’omofobia e le unioni civili. Protagoniste della pellicola due famiglie omogenitoriali, una coppia di ragazzi pugliesi con due bambini e due donne palermitane con la loro figlia. La vita tranquilla e serena delle due famiglie, così simile a tante altre, viene interrotta dalle interviste ad esponenti di partiti e movimenti vicini al Family Day e al recente Congresso delle Famiglie di Verona, tra cui Mario Adinolfi, Gianfranco Amato, Silvana de Mari e Massimo Gandolfini, che espongono liberamente le proprie bizzarre idee sull’introduzione della legge, sul tema dell’omofobia e sull’omosessualità. Il film si impone come un importante documento d’attualità, a causa della crescita esponenziale dei movimenti ProLife di stampo cattolico estremista […] Ma anche per il crescente bisogno di riconoscimenti giuridici che le famiglie omogenitoriali chiedono a gran voce e a cui a volte solo la magistratura concede l’approvazione, a causa del taglio della Stepchild Adoption dalla legge sulle unioni civili del 2016 e del recente ritorno, sulla carta d’identità, alla dicitura di padre e madre imposta dall’ex ministro Salvini». Ora, il Congresso mondiale delle famiglie di Verona è stato organizzato dall’International Organization for the Family, che è l’editore di “IFamNews”. Interessante.

D’altro canto è importante documentare come la magistratura stia di fatto “concedendo l’approvazione” di pratiche vietate dalla legge italiana, avallando il ricorso all’estero della maternità surrogata e registrando come “figli” di due uomini o due donne (un falso in atto pubblico) bambini acquistati all’estero e allontanati da almeno uno dei genitori biologici. In sala, ovviamente, anche l’ex senatore Sergio Lo Giudice, che dell’argomento se ne intende.

Significativo anche lo strumento narrativo adottato: un goffo tentativo di mostrare quella che sarebbe la “normalità” di esistenze felici in stridente contrasto con le “bizzarre idee” di quelli che si vogliono far passare come “strani personaggi”. D’altra parte, la propaganda usa i suoi strumenti, difficile scendere al livello dei fatti, per supportare una ideologia. Nel frattempo, sempre in Emilia, una nuova sentenza del tribunale di Rimini riconosce due donne entrambe come “mamme” di una coppia di gemelli. Ma in tutto ciò, delle tante urgenze che premono le famiglie emiliane come quelle italiane nella quotidianità, questo evento esprime la sua preoccupazione per una delle più fondamentali: la dicitura “padre” e “madre” sulla carta di identità. Effettivamente, c’è chi non ci dorme di notte…

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