L’Italia invecchia in fretta, ma noi guardiamo altrove

Per il nostro Paese è la sfida del decennio, che nessuno però sta raccogliendo

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Last updated on marzo 12th, 2020 at 02:54 pm

Tra le numerose sfide che l’Italia si trova ad affrontare, ne esiste una che la accomuna a molti altri Paesi e che tuttavia non è mai stata la priorità di alcun governo del Belpaese: la crisi demografica. Se ne parla molto, ma la verità è che non c’è ancora coscienza vera del problema, né nella classe politica, né nella popolazione. Eppure si sta per raggiungere il punto di non ritorno.

Secondo le previsioni dell’Orgnizzazione delle Nazioni Unite, il 2021 dovrebbe essere l’anno in cui la popolazione europea comincerà a diminuire. Questo a causa del tasso di fecondità che in Europa è il più basso al mondo, facendo del nostro continente la zona con la popolazione più anziana: l’età media in Europa è infatti di 43 anni, ben 12 anni in più del resto del mondo. Il tasso di fecondità più alto in Europa è quello francese, pari a 1,9 figli per donna. L’Italia è tra gli ultimi della classifica, con un valore di 1,32 figli per donna: nel 1920 la media era 2,5 figli e 2 dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Questo, forse, rimane il dato più preoccupante, dal momento che il tasso di sostituzione, cioè il valore che consente il ricambio naturale impedendo la diminuzione della popolazione, è di 2,1 figli per donna.

Sebbene rimangano in voga disumane teorie antinataliste, c’è un livello del problema che dovrebbe essere comprensibile a tutti: meno persone significa meno capacità di creare ricchezza e ciò mette a repentaglio l’intero sistema economico. Soprattutto perché a diminuire maggiormente è la fetta di popolazione in età lavorativa. Il numero di persone in working age ha raggiunto il suo massimo in Europa dieci anni fa. Oggi vi sono 12 milioni di persone in età lavorativa in meno rispetto al 2010: significa che ci sono meno persone in grado di produrre ricchezza e sostenere le pensioni degli over 65. E nel 2035 questi ultimi costituiranno il 25% della popolazione europea.

La situazione italiana

L’Italia è tra i Paesi messi peggio e per ragioni precise. Sul versante della fertilità, esistono chiari motivi sociali che spiegano perché le donne italiane abbiano mediamente 1,32 figli ciascuna e perché concepiscano il primo figlio a 32 anni circa. Si è abituati a pensare che si sono modificate le abitudini delle società occidentali, per cui le donne antepongono la carriera rispetto ai figli. È una spiegazione semplicistica. Alcuni sondaggi rilevano in realtà come le donne europee facciano meno figli di quanti vorrebbero e ciò indica un divario tra aspirazioni e realtà. In Italia, poi, il desiderio dei figli si impenna dopo i 30/35 anni a tal punto che, negli ultimi anni, è raddoppiata la percentuale di madri over 40, pari oggi al 6,2% del totale.

Un’indagine del Financial Times rileva come uno dei fattori principali che contribuiscono a questo basso tasso di fecondità del nostro Paese sia la situazione di precarietà lavorativa che vivono le coppie giovani. La situazione economica stagnante dell’Italia spesso costringe la donna a scegliere tra avere un bambino o mantenere il lavoro, dal momento che il reinserimento dopo la maternità non è per nulla assicurato. In una situazione economica così, procreare può comportare un fardello economico rilevante, motivo per cui molti decidono di aspettare. I dati confermano la situazione: l’anno scorso sono nati solo 440mila bambini, il numero minore di nascite dal 1861, anno della proclamazione del regno d’Italia. Per il nostro Paese Italia la situazione rappresenta insomma una minaccia immediata, anche a causa di debolezze strutturali del sistema economico, quali l’elevato debito pubblico e la grossa fetta di PIL necessario a pagare le pensioni.

Sembra un situazione irreversibile, ma non è così. Alcuni Paesi, molto più consapevoli di noi dell’emergenza demografica, hanno attuato politiche lungimiranti che stanno già dando i primi risultati. La Germania ha introdotto misure a favore dei genitori quali congedi familiari più lunghi, incentivi ai padri e soprattutto imposte pensate in modo tale da premiare le famiglie numerose. Dal 2007 il tasso tedesco di fertilità è risalito da 1,3 a 1,6 figli per donna. E in Ungheria è possibile chiedere un prestito senza interessi dopo il primo figlio, mentre dopo il quarto figlio le madri non pagano più imposte. Politiche attive, queste, che è stato possibile realizzare perché si è creata una coscienza profonda del problema, difficoltà invece principale dell’Italia. Da noi c’è poca consapevolezza, ed è quindi invece importante pensare e realizzare un piano strategico di lungo termine a sostegno della famiglia. Tornare a fare figli resta l’unica soluzione.

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