Le quinte colonne contro la vita

Quando l’ostetrica è in missione per conto della colonizzazione ideologica

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Last updated on Febbraio 21st, 2021 at 02:11 am

Due dati fondamentali, da cui iniziare: il primo è l’ennesima lettera, pubblicata sul QuotidianoSanità.it il 15 febbraio, che Anna Pompili, presidente dell’Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto (AMICA), periodicamente scrive parlando di «diritti riproduttivi» (una delle ultime volte vaneggiava persino di infanticidio come diritto delle donne).

Il secondo è la lettera, pubblicata il giorno successivo, di Maria Vicario, presidente dell’Ordine delle ostetriche, la quale, in nome della spending review nella Sanità, definisce necessaria la promozione dell’ostetrica di famiglia e di comunità.

Salute al femminile?

Entrambe sono certe che la salute delle donne vada capillarmente «distribuita», al netto del fatto che la pandemia abbia lasciato sole le donne. Ma, se da una parte la Pompili ne fa un discorso di soffocamento di ogni spiraglio di vita che pure risolleverebbe il Paese dalla denatalità (urgenza sentita invece dall’Ordine delle ostetriche), la Vicario parla, più latamente, di salute al femminile. In comune, un punto fondamentale: gli anticoncezionali. Tra «empowerment della donna» e «diritti riproduttivi», cioè, l’importante è non concepire.

Il paradosso dell’empowerment inconsapevole

Ora, cos’è l’empowerment delle donne? E perché ci vogliono operatori sanitari qualificati per parlare di sessualità nelle scuole? L’empowerment è la scelta informata compiuta da parte della donna in tema di salute. Il problema però è che neppure gli operatori sanitari, che pure ne straparlano, lo implementano: se una donna si reca al consultorio e chiede di abortire, le viene fornito un certificato, senza tante spiegazioni. Talvolta non viene sottoposta né a visita ostetrica né a ecografia, e quando quest’ultima venisse fatta alla donna non viene mostrato l’embrione con quel suo cuoricino che pulsa. Forse troppo empowerment tutto assieme?

Magari quella donna potrebbe scegliere di non abortire. Pericoloso? Dannoso per la società? Drammatico perché l’Italia è Terzo mondo? O magari solo perché quella donna, non abortendo, “piega” i propri cosiddetti «diritti riproduttivi» al diritto alla vita del figlio che porta in grembo? Insomma, come scrivevano i manuali di pedagogia del 1800, l’embrione è un «bambino viziato» da domare?

Mentalità abortiva e anticoncezionali

Nella mentalità abortiva, tuttavia, ampio spazio è riservato al giro mentale anticoncezionale, e infatti sono tutt’uno. Tant’è che i corsi post-laurea sulla sessualità per le ostriche sono sempre legati alla contraccezione.

L’empowerment sparisce peraltro del tutto quando un’ostetrica del corso di laurea insegna alle studentesse che «vista la difficile applicazione dei metodi naturali e la necessaria conoscenza di se stessi, del proprio corpo e della propria fisiologia e del proprio ciclo, quando lavorerete al Consultorio e vi trovaste a parlare con degli adolescenti, oppure vi trovaste ad andare nelle scuole, fate attenzione a non pubblicizzare i metodi naturali». La medesima docente mostra poi una diapositiva, con scritto chiaramente e a lettere cubitali: «metodi naturali: Ogino Knaus [sì, sempre lui, alla faccia dell’aggiornamento professionale], temperatura basale, Billings, sinto-termico», e poco sotto: «tasso di errore alto, sono da spiegare, non da consigliare».

La medesima formatrice potrebbe allora persino suggerire che sia meglio «consigliare il diaframma [che le ostetriche possono prescrivere] o, ancora di più, il preservativo», senza valutare che, tra l’altro, usare il diaframma implica che le ragazze abbiano una bella dose di conoscenza del proprio corpo e che abbiano programmato di avere un rapporto sessuale di lì a qualche ora. In realtà non è tanto differente dall’insegnare a comprendere cosa indicano diverse tipologie di muco vaginale, ma questo forse è più difficile giacché le ostetriche nulla sanno dei metodi naturali. Invento? No: sono le ostetriche stesse che me lo scrivono.

Educazione sessuale nella scuola

Ma veniamo a noi: cosa insegnare nei gruppi di “educazione sessuale” nelle scuole elementari?  Cosa se non il concetto di verginità (un tabù di religioni vecchie, che bloccano la libertà), quali siano gli orientamenti sessuali (con i bambini è facile perché non hanno tabù), la scoperta del corpo e del piacere (dando risalto alla masturbazione, che va benissimo sempre), la contraccezione, le malattie sessualmente trasmesse e la pedofilia?

A obiezione la docente delle ostetriche risponde che è necessario «svegliare» i genitori, giacché, in corsi da lei già effettuati in certe scuole (alcune ostetriche organizzano incontri assieme a gruppi «di tutela dei trans»), i bambini chiedono come si faccia a cambiare sesso, a che età si perde la verginità e come si infila un preservativo (non a caso i ragazzini debbono portare a scuola una banana).

Le ostetriche avrebbero quindi il compito di destare i bambini dal torpore indotto da un’educazione familiare piena di tabù sessuali.

La conferma viene dagli argomenti che l’ostetrica deve presentare alle scuole medie e superiori: «affettività, amicizia e rapporto sessuale», «omosessualità» e «la legge 194» per affermare il “diritto” di giocare tranquillamente con i genitali, tanto poi c’è la soluzione veloce: tra una pillola anticoncezionale e una RU486, cosa cambia, in fondo?

E infatti, come se la pièce teatrale di tale lectio magistralis fosse già stata recitata molte volte, l’ostetrica formatrice sottolinea che alcuni genitori non vogliono che si portino in classe gli anticoncezionali…

Le risposte dell’OMS…

I genitori «vi faranno sentire come se aveste un mitra puntato contro, ma le linee guida per l’educazione sessuale dell’Organizzazione mondiale della sanità sono dalla vostra parte. E i genitori debbono tacere. In fondo i bambini sono più intelligenti dei genitori: infatti alle medie, se si chiede cosa si può fare se si buca un preservativo, i ragazzi lo sanno e risponderanno “Abortire!”, anche se poi (poveri) sono costretti ad andare alla Messa la domenica». Non sindaco le argomentazioni dell’OMS: lo fa già in modo eccellente Nati per essere liberi di Tonino Cantelmi ed Emiliano Lambiase.

… e le mie

La mia enorme perplessità è tutta su un punto, che riguarda l’empowerment. Come vengono considerate le madri come la sottoscritta, che rifiutano che un esperto parli ai loro figli di sessualità? Sono reputate delle idiote, delle immonde, irragionevoli imbecilli che vanno astutamente bypassate, perché non sono degne di crescere i propri figli, che invece debbono ricevere empowerment da operatori coscienziosi e senza tabù.

Mi sovviene purtroppo il racconto di una madre, privata della figlia dal padre, complici i servizi sociali, circa il motivo addotto dallo Stato per privarla della sua bambina: una donna troppo attaccata, quasi simbiotica, pressoché morbosa, nella relazione con la figlia.

Io sono una madre che è stata ore ed ore a parlare alle figlie di verginità, bellezza della sessualità sponsale, custodia del privilegio della vita, metodi naturali per la conoscenza della fertilità, responsabilità personale, e senza nemmeno risparmiare loro la bruttezza dell’aborto e della mentalità eugenetica nascosta sotto la patina della medicina delle indagini prenatali. Forse l’ostetrica di questo racconto, docente universitaria, farebbe togliere le figlie anche a me, se potesse.

Ma sono ostetrica anche io, e quella non è educazione sessuale: è mera colonizzazione ideologica.


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