Last updated on Giugno 8th, 2021 at 08:56 am
Alexis McGill Johnson, presidente e CEO della Planned Parenthood Federation of America (PPFA), strombazza con orgoglio la notizia del rinnovo del proprio organo di proselitismo filoabortista presso il clero (il Clergy Advocacy Board esiste dal 1994), parte dell’orgoglio essendo il fatto che i prescelti provengono soprattutto dagli Stati del Sud (leggi “bigotti”, anche se, per dirne una, negli anni 1920 stava negli Stati del Nord la maggioranza dei membri del secondo Ku Klu Klan, quello che non bersagliava solo i neri, bensì pure ebrei, cattolici, etc.) «controllati» (citazione diretta: come se nel Sud nordamericano vigesse la dittatura e non si votasse) dai Repubblicani (leggi maschi sciovinisti).
Sì, la PPFA ha una task force che prende di mira specificamente i membri del clero per inculcare nelle loro teste che l’aborto è bello, che l’aborto è buono, che l’aborto è un diritto umano e che bisogna farsene missionari nel mondo. Una pattuglia agguerrita di agenti che cerca di distrarre preti e ministri di culto dall’idea che la vita umana sia sacra e intangibile giacché creata a immagine e somiglianza di Dio. Una squadra di guastatori che sibila nell’orecchio dei professionisti degli offici sacri che le cose non stanno come la loro fede e la loro ragione mostrano incontrovertibilmente. La McGill Johnson definisce quel manipolo di arditi «parte cruciale della nostra missione». Ovvio. Non c’è da essere credenti per capire al volo che se sbracano pure le Chiese, è ben difficile per un laico riuscire a far prevalere la palese verità a proposito della vita umana.
Ovviamente i nuovi dirigenti di questa lobby filoabortista presso il clero sono ministri di culto. Ce n’è per tutti i gusti, uomini, donne, persone di colore e pure una rabbina. Una di loro, la perennemente sorridente Katey Zeh, reverenda battista del North Carolina, membro della dirigenza della Religious Coalition for Reproductive Choice di Washington, ex allieva della Yale Divinity School del prestigioso ateneo di New Haven, in Connecticut, ha scoperto la vocazione di sussurrare al clero paroline filoabortiste mentre faceva la volontaria in un abortificio della PPFA negli anni verdi del seminario, quando si definiva una «doula dell’aborto», la doula essendo colei che supporta le mamme durante tutto il percorso perinatale, gravidanza, nascita e post-parto, ma che in questo caso le supporta invece nel dare la morte al figlio che portano in grembo. La reverenda – riferisce – aiutava e teneva la mano alle donne mentre gli operatori del settore le sopprimevano la creatura innocente nel ventre.
Per fortuna che Dio ha promesso a Noè di non mandare mai più un secondo diluvio.