Last updated on marzo 23rd, 2021 at 10:17 am
“Bravo. Son contento per te che difendi la vita dall’aborto e dall’eutanasia. Ma, vedi, io sono ateo, e quindi per me aborto ed eutanasia vanno benone”. Non so voi, ma io parole così me le sono sentite dire spesso da chi cerca di nascondersi dietro un dito. In realtà la colpa è però di certi pro lifer: di quelli che sbandierano il diritto alla vita come una questione confessionale, una roba, insomma, da cattolici e sostanzialmente da preti.
Carlo Casini (1935-2020), il fondatore del Movimento per la vita italiano, è stato tanto cattolico quanto laico nella buona battaglia per la vita. Non è mai caduto, cioè, nel trappolone del confessionalismo a difesa di una ridotta (in tutti i sensi) ecclesiastica o persino chiesastica.
Casini la vita l’ha difesa sempre e comunque dal concepimento alla morte naturale con la ragione e con il buon senso, con la scienza e con la professionalità, con la laicità e con il diritto naturale, dunque ovviamente con la sua grande fede.
I cattolici sanno, o dovrebbero sapere, che la dottrina cattolica è tale perché cristiana e naturale, dunque che essa non prevarica mai la natura, anzi la serve devotamente superandola nel senso d’inverarla.
Torno al diritto naturale, perché oggi è una parolaccia. Io, che bacchettone non sono e del turpiloquio non ho paura, la uso di continuo. Esiste una norma con cui le cose sono fatte, una regola che non abbiamo messo noi nelle cose, un antecedente che persino la politica e gli Stati, il diritto e i legislatori riconoscono, o dovrebbero: tant’è che quando non lo fanno, suoniamo la sirena.
Mercoledì 17, a ore da insonni, tant’è che era già il 18, Rai4 ha tramesso un bel documentario, il primo episodio della serie Vita dallo spazio, intitolata I buchi neri. Una frase mi ha colpito: quella in cui si dice, dopo tante parole spesso in libertà, di una regola dell’universo intero che tiene assieme tutte le cose e che l’uomo percepisce per segni e sintomi, addirittura vede in certe sue manifestazioni, ma che non pone e che non domina. Casini, senza immaginare di essere un dì trascinato appresso ai buchi neri, ne ha fatto una bandiera.
Non c’è bisogno di essere cattolici, non serve essere religiosi, per giudicare un cancro maligno la «cultura di morte». Nel nostro mondo che attraversa con il rosso e parcheggia nel posto degli handicappati, non sono numerosissimi, ma diversi laici, persino atei lo hanno capito. Ora, anche la battaglia dei credenti per la vita deve necessariamente passare attraverso il ricupero di un intelletto d’amore naturale. Del resto, se un non credente non riesce ad ascoltare la propria ragione e il proprio cuore davanti alla vita umana, nessuna fede potrà cambiarlo, giacché la fede i miracoli li fa con la malta e la cazzuola che ci sono per strada. Se uno ammazza il suo vicino di casa, la polizia non gli chiede in quale chiesa va di solito a Messa. Ed è troppo comodo che i cattolici vadano all’Inferno se ammazzano qualcuno per via del quinto comandamento, mentre gli altri che di quello e degli altri nove se ne impipano possono andarsene al parco anche in zona rossa.
Casini ha lasciato tante cose dietro di sé, ma su tutte spicca questo grande insegnamento.
Domani, martedì 23 marzo ricorre un anno esatto dalla sua morte. Dal santuario della Divina Misericordia in Roma il cardinale Giovanni Battista Re guiderà, dalle 17:00, la preghiera per e con Carlo Casini. Se ne potrà seguire la diretta su YouTube cliccando qui, una diretta di fede e di ragione per la vita oltre e contro la morte.