Giovedì 25 febbraio la Camera dei deputati degli Stati Uniti d’America ha approvato il cosiddetto «Equality Act», formalmente H.R. 5, presentato il 18 febbraio dal deputato del Partito Democratico David Cicilline. È il primo passo verso l’emendamento del Civil Rights Act del 1964, che impedisce la discriminazione soprattutto per motivi razziali, onde coprire specificamente anche le discriminazioni basate sulle “scelte di gender”. Ovviamente le virgolette sono mie, non dell’«Equality Act». In buona sostanza è quanto il «testo unico Zan» vorrebbe fare rispetto alla «Legge Mancino». Solo moltiplicato per l’effetto monster che una legge così avrebbe nel Paese più importante e influente del mondo.
La proposta è passata alla camera con 224 voti a favore contro 206, vale a dire con tutti i voti Democratici disponibili in aula più quelli di tre mele marce Repubblicane: John Katko, Tom Reed e Brian Fitzpatrick.
Capiamoci subito. La discriminazione è cosa orrenda. Nessun essere umano ha mai il diritto di discriminare un altro essere umano per il semplice fatto che suddividere la gente fra persone di serie A e persone di serie B è un abominio. Non esiste nulla nel DNA di qualsiasi essere umano che lo possa differenziare da un altro essere umano in termini sostanziali. Solo Adolf Hitler e chi pensa che un bambino ancora nel ventre della propria madre sia meno di chi è già nato avalla la discriminazione.
Insomma, scrivo e sottoscrivo che le persone omosessuali hanno la medesima dignità di qualsiasi altra persona con la medesima convinzione e forza con cui scrivo e sottoscrivo che l’ideologia gender è un male da fermare.
Ora che ci siamo capiti, torniamo all’«Equality Act» d’Oltreoceano. L’«Equality Act» non c’entra nulla con la tutela delle persone omosessuali dalla discriminazione. Discrimina invece tutti, eterosessuali e omosessuali.
Se la premessa da cui muove l’«Equality Act» è che il sesso non sia binario (la natura ci ha fatti uomini o donne, uomini e donne), bensì plurale, possibile e volontario, una donna non è donna per natura come un uomo non è uomo per natura, ma solo se e quando lo decide la voglia di ognuno. Quindi se un uomo si sente donna potrà scorrazzare tranquillamente sempre e comunque fra le donne protetto dall’«Equality Act». Potrà allora utilizzare la toilette delle signore, potrà iscriversi ai campionati sportivi femminili, potrà girare nudo negli spogliatoi dove tua figlia minorenne si prepara a vestire i panni della majorette. E mentre eserciterà sopruso contro le donne vincendo con la frode gare sportive dove a trionfare saranno solo i suoi muscoli maggiori, ciò che l’occhio di una ragazzetta vedrà penzolare libero mentre un trans nerboruto e peloso si aggirerà fra le docce come mamma (o Genitore 1) l’ha fatto verrà giudicato da qualsivoglia tribunale solo come la distorsione ottica indotta da quello sciagurato costrutto sociale che ci soggioga da che la Dea Madre del paradiso terrestre gilanico ha ceduto il passo allo sciovinismo patriarcale. Idem se una donna che si sente uomo dovesse aggirarsi libera fra maschi omosessuali: alcuni personaggi maschili del marchese De Sade si vantano di non avere mai giaciuto in vita propria con femmine. E questi soprusi colpirebbero ugualmente gruppi di maschi dove s’intrufolasse una femmina che si sente maschio o gruppi di femmine dove si intrufolasse un maschio che si sente femmina sia che quei gruppi fossero composti da persone eterosessuali, da persone omosessuali o da un po’ di entrambi.
Tirata per i capelli? No, lo dice espressamente la legge votata dalla Camera statunitense: «A un individuo non si potrà negare l’accesso ad alcuna struttura comune, compresi bagni, spogliatoi e camerini, che l’identità di gender di quell’individuo scelga». Glossa Anderson: «[…] si può ancora distinguere fra strutture per uomini e strutture per donne, ma bisogna ridefinire cosa siano gli uomini e cosa siano le donne». Uguale dicasi per le quote nei posti di lavoro. Uguale dicasi per tutti il resto.
Ma c’è persino di peggio. Perché, osserva Alexandra Desanctis su National Review, se entrerà in vigore l’«Equality Act» imporrà al personale medico «[…] di eseguire le procedure di riassegnamento del sesso o di offrire i trattamenti ormonali relativi, anche se tali procedure dovessero contraddire il giudizio medico di chi sarà costretto a implementarle. E la legge tratterà così pure il rifiuto di eseguire un aborto giudicandolo una discriminazione gestativa, a propria volta equiparata a una forma illegale di discriminazione per motivi sessuali».
L’«Equality Act» è insomma una proposta di legge perversa. Ci vorrebbe un «Equality Act» che proteggesse le persone, eterosessuali e omosessuali, discriminate dall’«Equality Act».
L’International Organization for the Family, l’editore di “iFamNews” combatte da sempre questa violenza contro la natura e contro il buon senso, e in questi giorni sta raccogliendo firme per mobilitare gli Stati Uniti contro l’“eguaglianza” che discrimina.
La legge approvata giovedì alla Camera deve ora passare al Senato. I Democratici gongolano già, certi di vincere. È probabile. Ma il buon senso non conosce color politico.