Il «miracolo di Natale» vale solo per qualcuno

Mentre si gioisce per alcuni bambini scampati all’aborto, non è possibile ignorare il sacrificio di tutti gli altri

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Last updated on Gennaio 3rd, 2022 at 07:30 am

Lorenzo per Natale è finalmente arrivato a casa. Pesa ora circa tre chili, e sta bene. Lorenzo è nato inaspettatamente con grande anticipo e al momento del parto, dopo 5 mesi di vita nel grembo della mamma, pesava 370 grammi, tanto da essere definito un peso «super piuma». Uno scricciolo, in tutti i sensi, piagato come prevedibile da alcune patologie strettamente connesse all’estrema prematurità, fra cui una perforazione dell’intestino e il mancato sviluppo dei piccoli polmoni.

Tutto risolto, ora, grazie all’équipe medica del padiglione Mangiagalli del Policlinico di Milano, che ha seguito il neonato immediatamente dopo il parto, operando interventi chirurgici di estrema complessità e prestando le cure necessarie, le più all’avanguardia.

Un «miracolo», l’hanno definito i media: il miracolo di Natale. Tutti giustamente gioiscono, per quanto di sicuro Lorenzo sarebbe rimasto ben volentieri un po’ di più nella pancia della mamma, la quale, certamente, la pensava allo stesso modo, ma tutto è bene quel che finisce bene.

Qualcuno, in Italia e altrove, considera un piccolo cresciuto per cinque mesi nel grembo materno come un «grumo di cellule». Qualcuno pensa che possa essere abortito. Qualcuno pensa addirittura che una volta ucciso possa anche essere gettato nei rifiuti speciali dell’ospedale, senza sepoltura, senza una tomba su cui piangerlo, eventualmente.

Un altro «miracolo di Natale» riguarda invece un neonato del peso di un chilo e novecento grammi, operato praticamente in utero, al momento del parto, ancora attaccato alla placenta in modo che fosse garantita la respirazione, a causa di un tumore cardiaco fetale di dimensioni estese. Un altro successo esaltante della chirurgia pediatrica perinatale, avvenuto questa volta nell’ospedale infantile Regina Margherita di Torino.

Sul sito web della Associazione Luca Coscioni, dichiaratamente a favore della possibilità di aborto in tutti i casi previsti, ovvero quando la salute anche psichica della madre potrebbe risentire in caso di malformazione fetale grave, si legge testualmente che «la legge 194 non definisce un limite di epoca gestazionale per l’aborto terapeutico, ma raccomanda che, nel caso in cui il feto abbia raggiunto uno stadio di sviluppo che ne permette la sopravvivenza al di fuori dell’utero (cioè attorno alle 22-24 settimane), il medico metta in atto tutti gli interventi per salvaguardarne la vita; pertanto, al fine di scongiurare la possibilità di gravi danni neonatali, si tende a non  procedere oltre la 22-24 settimana, pur tenendo sempre in conto la compatibilità della patologia fetale con la possibilità di vita autonoma».

Si potrebbe dire allora così: il piccolo torinese forse poteva ancora cavarsela, Lorenzo sarebbe stato spacciato. E tutti gli altri? Chi seleziona?

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