Abortire è più facile in Germania da quando i Socialdemocratici governano in coalizione con i Verdi e con i Liberali. Sono questi ultimi, con un disegno di legge annunciato dal neoministro federale alla Giustizia, Marco Buschman (Partito liberal democratico), a progettare l’abolizione dell’articolo 219 del Codice penale che persegue chi pubblicizzi servizi abortivi. Poiché si tratta di un reato contro la vita, non è lecito incitare la popolazione a commetterlo, anche se l’interruzione volontaria di gravidanza è depenalizzata entro le 12 settimane dal concepimento o anche più tardi, nel caso in cui la donna sia stata vittima di stupro, sia in pericolo di vita o vi siano malformazioni nel feto.
A scatenare la campagna filoabortista era stata nel 2018 un medico di base di Gießen, Kristina Hänel, condannata a un’ammenda di 6mila euro per avere reclamizzato, fra i propri servizi, anche le interruzioni di gravidanza. Dalle aule giudiziarie alla Corte costituzionale tedesca di Karlsruhe fino a un compromesso disonorevole raggiunto al Bundestag fra favorevoli e contrari, la questione si è assestata in modo che, dal 2019, in Germania un ginecologo può far sapere alle pazienti che pratica l’aborto, senza però poter fornire particolari sui metodi utilizzati.
Una volta che si è ceduto sui princìpi, tuttavia, si apre a nuove conquiste, che si presentano come progressi sulla strada della libertà e dei diritti. E in questo caso si invoca la circostanza della promulgazione della norma nel 1933, quindi durante il III Reich. Siccome il nazionalsocialismo promuoveva l’aumento numerico della cosiddetta “razza ariana” attraverso la tutela della vita, i fautori dell’omicidio del feto nel grembo materno si schierano dalla parte della morte. E, per fissare l’obiettivo con maggior decisione, la modifica della legge è stata inserita nel contratto di coalizione, affermando che «l’opzione di interrompere una gravidanza a costo zero fa parte di un sistema sanitario affidabile».
Finora la completa liberalizzazione dell’aborto, che fu tentata per la prima volta nel 1974 dal cancelliere Socialdemocratico Willy Brandt, è stata bocciata per due volte dai giudici costituzionali, secondo i quali la carta fondamentale tedesca garantisce l’inviolabilità della dignità umana e della persona. Per ora, soltanto l’Unione Cristiano-Democratioca, che è all’opposizione, si schiera contro l’abolizione dell’art. 219, perché «non aiuta noi donne: Non c’è una mancanza di informazioni sugli aborti in Germania a cui bisogna porre rimedio», spiega Mechthild Heil, presidente delle deputate del gruppo Cdu-Csu al Bundestag.