Heartbeat, sedi colpite per promuovere l’aborto

Aggressioni e atti vandalici rendono sempre più difficile fornire alle donne le cure e la protezione della gravidanza

Image from Heartbeat official website

A partire dall’inizio del mese di maggio, da quando cioè è avvenuta la fuga di notizie dalla Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, in base alla quale potrebbe essere sovvertita la famigerata sentenza Roe vs. Wade che nel 1973 ha reso l’aborto non illegale in base alla normativa federale, si sono succeduti i casi di violenze e aggressioni contro i centri di aiuto alla vita statunitensi.

Come se in un sussulto finale di cattiveria i promotori della «cultura di morte» si ribellassero con furia luciferina contro la possibilità che venga loro sottratta la possibilità di uccidere i nascituri nel grembo materno, alla luce del sole e praticamente senza limiti.

Lo dichiara in un comunicato rivolto alla stampa Andrea Trudden, vice-presidente dell’ufficio comunicazione e marketing di Heartbeat International, la «rete mondiale» che riunisce «oltre 2.700 organizzazioni di aiuto alla gravidanza» la cui vision, dichiarata sul sito web ufficiale è quella di «rendere l’aborto indesiderato oggi e impensabile per le generazioni future», riuscendo a «raggiungere e salvare quante più vite possibili, in tutto il mondo, attraverso un’efficace rete di aiuto alla gravidanza che afferma la vita, per rinnovare le comunità pro-life».

Heartbeat International ha condotto un’indagine informale su quasi due mila sedi affiliate sul suolo statunitense, da cui è risultato che statisticamente più di un’organizzazione su sei, in 20 Stati dell’Unione, ha rilevato un aumento degli episodi di violenza ai propri danni, dalle recensioni false pubblicate online sino a veri e propri atti vandalici.

Più nello specifico, il 20% dei centri ha riportato danni alle proprietà; oltre il 30% ha visto un aumento delle recensioni online fasulle; il 20% ha ricevuto chiamate da parte ci persone irate che contestano il loro lavoro; il 10% ha subito proteste al di fuori delle sedi; infine, il 6% ha ricevuto minacce.

«Questa rabbia è completamente male indirizzata», ha affermato Jor-El Godsey, presidente di Heartbeat International. «Questi vigilantes pro-aborto affermano di difendere le donne, mentre in realtà impediscono loro di ricevere le cure per la gravidanza di cui hanno bisogno».

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