Giappone chiama Italia: il CoViD-19 provocherà l’estinzione?

L’inverno demografico è oramai un demone fuori controllo e anche per il Belpaese il futuro è plumbeo

Veste di samurai

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Last updated on Novembre 3rd, 2020 at 02:02 pm

La pandemia potrebbe contribuire a far estinguere intere popolazioni nei prossimi decenni. No, non si tratta della previsione di qualche epidemiologo catastrofista: piuttosto è lo scenario prodotto da un inverno demografico che la crisi attuale sta esacerbando. Il Giappone, uno dei Paesi al mondo con la natalità più bassa e il più alto tasso di invecchiamento, registra un nuovo record negativo di nascite.

2020: annus horribilis

Secondo fonti governative citate dall’agenzia di stampa Kyodo, l’anno in corso potrebbe chiudersi con 845mila nuovi nati: mai così pochi nel Paese nipponico dalla fine della seconda guerra mondiale. Il dato è infatti significativamente inferiore a quello del 2019, quando le nascite erano state 865.239, ovvero a propria volta il peggiore da quando, 120 anni fa, il Giappone iniziò a compilare statistiche comparabili. Per avere numeri certi bisogna attendere ancora: il governo di Tokyo pubblicherà una prima stima a dicembre, mentre le statistiche definitive sono attese per l’inizio del prossimo anno. Tuttavia i funzionari del ministero della Salute sono già convinti che il 2020 segnerà un picco negativo. Sempre secondo le stesse fonti citate da Kyodo e riprese in Italia da AgenziaNova, «la preoccupazione legata alle prospettive dell’economia nel contesto della crisi pandemica continuerà a esercitare un impatto negativo» sulla natalità.

Un Paese di centenari

L’immagine del samurai giovane e vigoroso appartiene insomma ai ricordi. Come emerge dai dati pubblicati il 15 settembre dal ministero della Salute, nel Giappone odierno abitano 80.450 ultracentenari, con un aumento di 9.176 unità rispetto al 2019: e si tratta del 50° aumento annuo consecutivo. Le persone con un’età pari o superiore a 100 anni erano, nel 1963, anno in cui il Paese ha iniziato il computo, appena 153. Nemmeno vent’anni dopo, nel 1981, il numero aveva già superato il migliaio e nel 1998 i giapponesi ultracentenari erano più di 10mila. L’aspettativa di vita è aumentata grazie ai progressi della scienza, ma l’invecchiamento del Paese è anche un campanello d’allarme demografico.

Estinzione?

Nel corso di una recente conferenza stampa, Tetsushi Sakamoto, ministro responsabile delle risposte al calo di natalità, ha detto: «Penso che la diffusione del coronavirus stia facendo preoccupare molte persone di rimanere incinte, dare alla luce e allevare bambini». Si espone anche la Japan Pediatric Association, la quale, rilevando che nei prossimi dieci anni a causa della pandemia potrebbe flettersi gravemente la curva delle nascite, ha spiegato che questa tendenza rischierà di avere effetti nefasti sulla medicina pediatrica. La fase di incertezza dovuta al CoViD-19 si ripercuote anche sui matrimoni, in forte calo rispetto al 2019: -36,9%. Intervistato dalla Reuters, Masaji Matsuyama, ex titolare del dicastero che si occupa del calo delle nascite, ha avvertito che, se la tendenza demografica resterà la stessa, sarà messa a rischio «l’esistenza stessa della nazione come la conosciamo».

Il Giappone siamo (anche) noi

Questo scenario nipponico ci riguarda da vicino. Il Giappone guida la classifica mondiale per invecchiamento della popolazione, ma è seguito dall’Italia. L’esistenza della nazione è minacciata dunque anche qui da noi. Nei mesi scorsi il prof. Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’ISTAT, aveva lanciato l’allarme su come crisi economica, paura e incertezze (tutti fattori scaturiti dal virus) incidano negativamente sulla natalità. Non aiutano poi quegli appelli dei medici all’astinenza sessuale o all’autoerotismo, e nemmeno la drastica riduzione dei rapporti sociali. Secondo uno studio scientifico citato da Piero Angela, nel 2100 l’Italia passerà dagli attuali 60milioni di abitanti a non più di 28milioni. La riduzione farà crollare il pil, collocandoci al 25° posto tra i Paesi del mondo, non più tra i primi dieci. Come per i samurai, anche dell’italiano resterà soltanto l’abito tradizionale esposto in qualche museo.

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