Last updated on Agosto 11th, 2020 at 03:27 am
La pandemia di CoViD-19 e gli “arresti domiciliari” imposti dalla quarantena hanno cambiato le abitudini d’acquisto dei consumatori di tutto il mondo. Gli esperti di marketing e retail dicono che le novità resteranno nei comportamenti di moltissime persone come un nuovo habitus, una sorta di imprinting che difficilmente permetterà il ritorno al negozio sotto casa.
Amazon, per esempio, ha spopolato nella case di tutti, se non altro negli Stati Uniti d’America e in Europa. E pure Alibaba, il gigante cinese dell’e-commerce, fondato, tra gli altri, dal magnate Jack Ma, pare abbia realizzato profitti notevoli.
La gamma di prodotti che Alibaba offre, del resto, è incredibilmente ampia e comprende addirittura bambole. Destinate specialmente al mercato australiano. Alibaba le definisce «estremamente realistiche e anatomicamente corrette». Servono infatti per “giochi” sessuali. La particolarità? Hanno fattezze e dimensioni di bambini e di bambine. Possono infatti raggiungere anche l’altezza di 65 centimetri, ovvero all’incirca quella di un bebè di sei mesi e sono dotate di spazio atto, dice Alibaba, ad «accogliere il membro di un uomo adulto». Il tutto per una cifra compresa fra i 250 e i 500 dollari statunitensi.
Chi però oggi effettuasse, sul sito di Alibaba, una ricerca per parole chiave di questi articoli non troverebbe nulla. Tutte le referenze sono infatti state rimosse, ma la denuncia presentata in Australia da Collective Shout è stata straordinariamente precisa: ben 18 rivenditori presenti sulla piattaforma virtuale attiva nel Paese proponevano infatti l’acquisto di queste bambole, e ciò nonostante le leggi lo vietino.
Collective Shout è una società australiana senza fini di lucro che lotta contro la pornografia, la pedopornografia, l’oggettivizzazione della donna e la sessualizzazione precoce delle bambine. Le ricerche effettuate dai suoi collaboratori hanno permesso di argomentare approfonditamente la denuncia. Si scopre così che quei sex toy si vendono pure in versioni smontabili, comodi per essere riposti in valigia; che le descrizioni sprecano aggettivi come «carino», «morbido» e così via; e persino che a volte arrivano in confezione corredata da video-tutorial per l’utilizzo. Lo documenta del resto anche News.com.au, sito australiano di informazione online.
In realtà il tutto pare essere l’esatta replica di quanto avvenuto, nel 2018, sempre su Alibaba, che anche in quel caso ha rimosso gli articoli e presentato le scuse di prammatica all’opinione pubblica.
Purtroppo la vicenda presenta però aspetti anche più sconvolgenti, come il sospetto che i predatori sessuali utilizzino fotografie di bambini reali, scattate furtivamente in pubblico o più spesso trovate sui profili social dei genitori. Per cosa? Per commissionare bambole con i tratti precisi del proprio gradimento.
Parrebbe superfluo affermare che, oltre alle norme legislative, vigenti naturalmente anche in Italia, è importantissimo proteggere sempre la privacy dei bambini su Internet, come raccomandano da tempo l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza e la Polizia postale, anche alla luce dei recenti fatti di cronaca.
Proteggere i bambini, però, deve necessariamente assumere il significato e l’aspetto precisi di una lotta alla pedofilia che non accetti di scendere a compromessi di alcun tipo, specialmente ideologici: soprattutto in relazione allo sdoganamento di certe pratiche, che giungono surrettiziamente al grande pubblico mediante il “principio della rana bollita” elaborato dal linguista e filosofo anarchico statunitense Noam Chomsky. Se la si butta in un pentolone di acqua bollente, una rana istintivamente esce con un salto, cavandosela, ma se invece la si mette in una pentola di acqua fredda che poi viene lentamente riscaldata, l’animale subirà l’azione fino a morirne. Fuor di metafora, facendo passare gradualmente per normali comportamenti che non lo sono, si modifica la percezione della realtà da parte della gente.
“iFamNews” ne ha già trattato ampiamente, sia deprecando l’intervista rilasciata alla televisione di Stato dei Paesi Bassi da un giovane pedofilo che rivendicava tranquillamente la propria “sessualità”, sia augurandosi di tutto cuore l’insuccesso completo del film-biografia su Mario Mieli (1952-1983), sedicente maître à penser dell’ideologia omosessualista e soprattutto pedofila in Italia, sia dando risalto al lavoro importantissimo di prevenzione e denuncia svolto da don Fortunato di Noto e dall’Associazione Meter, sia riportando fatti di cronaca europea purtroppo sconfortanti.
Scatenare la legge del desiderio che diviene diritto, e che impedisce a chi dissente di esprimere liberamente tale dissenso, equivale a un piano inclinato che non si saprà più fermare. E a pagare saranno i più deboli: i bambini.