Last updated on Giugno 30th, 2020 at 06:33 am
L’educazione sessuale nelle scuole non può essere un corso obbligatorio, e i contenuti delle lezioni devono essere visionati e approvati dai genitori all’inizio dell’anno scolastico. Con un’attenzione particolare per i bambini della scuola primaria. La Romania non ci sta e cambia la legge sull’educazione sessuale a scuola. La legge in questione, in realtà, è molto giovane: era stata promulgata a inizio aprile e prevedeva corsi di educazione sessuale obbligatori per tutti gli studenti a partire dal primo anno della scuola primaria. Subito si erano levate voci di protesta dei genitori, che avevano registrato smarrimento e sconcerto nei figli tornati da scuola dopo le prime lezioni. Nicusor Halici, presidente della Commissione Giuridica della Camera dei deputati, ha commentato: «In una seconda elementare agli alunni è stato spiegato il modo in cui due persone dello stesso sesso hanno rapporti sessuali e tutti i dettagli delle fasi della procreazione fino alla nascita. Davanti a queste cose, l’impatto emotivo che si genera sui bambini della seconda elementare è fortissimo».
La tassa LGBT+ e il no della Chiesa
Come hanno rilevato molti genitori, l’essere costretti a subire la descrizione di un rapporto sessuale tra persone omosessuali è il pegno che l’educazione sessuale paga alle associazioni LGBT+, ormai quasi come una tassa obbligatoria che le famiglie e le scuole debbono pagare per poter avviare e vedere avviata qualsiasi attività di formazione o di intrattenimento.
La Chiesa ortodossa è scesa subito in campo e il patriarcato rumeno ha diffuso una nota dove si legge: «Riteniamo che le lezioni di educazione sessuale obbligatorie siano un’aggressione all’innocenza dei bambini che ne impedisce la crescita naturale e che li segna per sempre. A questo proposito, diversi studi svolti in vari Paesi dimostrano che un approccio di questo genere nella loro educazione porta i bambini a un inizio precoce della vita sessuale, con tutti gli effetti negativi del caso e senza alcun miglioramento sociale». Anche la descrizione del miracolo della vita, per quanto straordinario, è quanto meno fuori luogo in un’aula di seconda elementare.
I diritti dei bambini
Si parla infatti di bambini di 7-8 anni, che hanno tutto il diritto di conservare la purezza dello sguardo e la leggerezza dei pensieri. Che hanno tutto il diritto di usare il tempo libero giocando, di scoprire la lettura e la scrittura, di tessere le prime relazioni amicali con i coetanei, di volare con le ali della fantasia nei mondi incantati delle favole. A riguardo, basterebbe rileggere in maniera intelligente le provocazioni persino della psicoanalisi con Il mondo incantato dell’austriaco Bruno Bettelheim (1903-1990), Le fiabe del lieto fine della svizzera Marie-Louise von Franz (1915-1998), ma anche di pedagogisti contemporanei come Anna Bondioli e il suo Ludus in fabula: per una pedagogia del narrare infantile, per rivendicare il “diritto” al gioco, il “diritto” alle favole, il “diritto” alla spensieratezza. E gli adulti hanno il dovere di tutelare questi “diritti”, perché i bambini da soli non sono ancora in grado di difenderli, quindi di difendersi.
La vita quotidiana di un bambino che frequenta la scuola elementare presenta già innumerevoli sfide, che al piccolo possono sembrare insormontabili. C’è il desiderio di essere accettati dai propri compagni, c’è la delusione per il tradimento dell’amico, ci sono paura e curiosità per l’ignoto, per un mondo che è ancora tutto da scoprire. Ed è in questo momento che prendono vita proprio i personaggi delle favole, con il mago cattivo che può essere letto nel bulletto della classe, l’eroe che diventa l’amico del cuore, e così via.
Questi temi pedagogici compaiono però sempre meno negli articoli che affrontano la crisi educativa oggi in atto, perché l’emergenza pare essere solo quella dell’introduzione dell’educazione sessuale nelle scuole, come pietra filosofale in grado di azzerare tutti i problemi del settore. Ne parla addirittura Focus Junior, in un articolo il cui catenaccio già svela molto: «L’Italia è uno dei pochi Paesi europei dove non è materia obbligatoria. A colmare la lacuna ci pensa la “cattiva” maestra Internet». Un lungo articolo, questo, nel quale persino papa Francesco viene presentato a favore dell’educazione sessuale nelle scuole.
L’indottrinamento che ferisce
È a quell’età tenera poi che inizia a incrinarsi il narcisismo tipico del bambino, perché la scuola è il primo contatto che il piccolo ha con il mondo esterno, un contatto a volte anche doloroso. Non esiste solo lui, la vita è fatta di relazioni, non mancheranno le fatiche. Ebbene, per queste avventure quotidiane, gli adulti devono avere rispetto. A queste sfide quotidiane gli adulti non possono imprimere le proprie derive ideologiche.
Il patriarcato rumeno citato riporta i risultati delle lezioni di educazione sessuale registrati da un ente indipendente nel 2019: «I dati mostrano come i programmi di educazione sessuale nelle scuole pubbliche non siano efficienti; alcuni di essi hanno persino fatto innalzare il numero delle gravidanze tra le adolescenti, riducendo l’età di inizio della vita sessuale e portando a comportamenti sessuali rischiosi». Per questo la Chiesa rumena parla espressamente di «indottrinamento sessuale» e non di «educazione sessuale». Non solo il bambino non è pronto, non solo unire l’idea che tutto sia lecito al narcisismo tipicamente infantile non può che produrre danni, non solo l’educazione sessuale così impostata banalizza il mistero della vita. Semplicemente non è giusto. Come non è giusto dare le chiavi di un’auto sportiva da 400 cavalli a chi ha il foglio rosa, come non è giusto dare un bisturi in mano a uno studente al primo anno di Medicina. Fuori, insomma, l’ideologia dalle aule scolastiche.