Last updated on Febbraio 7th, 2020 at 01:56 am
Talvolta la coscienza bussa alla porta e crea cortocircuiti. È capitato che in dicembre, durante l’ultima campagna elettorale nel Regno Unito, una deputata del Partito Laburista, Rebecca Long-Bailey, abbia presenziato a un incontro con i rappresentanti della cattedrale cattolica di Salford. In quell’occasione sono state formulate quattordici domande su tematiche che stanno a cuore ai cattolici affinché gli elettori potessero scegliere chi votare con più consapevolezza.
A un certo punto gli intervistatori hanno fatto notare alla candidata che la legge attualmente in vigore nel Paese proibisce la discriminazione verso le persone affette da disabilità, ma che tale norma non viene applicata all’interruzione di gravidanza. In questo caso, infatti, il limite entro quale è legale abortire è di 24 settimane; tuttavia, se il bambino presenta disabilità, per esempio la sindrome di Down, è possibile ricorrere all’aborto per tutta la durata della gravidanza. Un chiaro esempio di discriminazione, motivo per cui alla Long-Bailey è stato chiesto se, una volta eletta, avesse intenzione di rimuovere questa clausola.
La candidata ha risposto dicendo di essere personalmente contraria a questo tipo di discriminazione e, anzi, di sposare la linea della Commissione per i diritti dei disabili, secondo cui «[…] la presenza di disabilità nel feto non deve essere elemento discriminatorio nel momento in cui i genitori scelgono se tenere un bambino». Di certo non una posizione pro life, anche perché il suo partito sostiene pienamente i cosiddetti «diritti riproduttivi» delle donne. Eppure ciò è bastato per far scattare la polemica sui social: la Long-Bailey limita il diritto delle donne di abortire i propri bambini. Ora, è risaputo che, una volta iniziata la gogna mediatica, l’unica cosa possibile è mettere delle pezze, ed è esattamente quello che è successo.
L’aborto sempre e comunque?
La Long-Bailey ha confermato le proprie parole, ma il suo ufficio stampa ha fatto sapere che la deputata «[…] sostiene in maniera inequivocabile il diritto di una donna di scegliere», facendo notare che, in qualità di parlamentare, la deputata ha votato a favore dell’ampliamento del diritto di aborto nell’Irlanda del Nord, nonostante in altre votazioni simili si sia invece astenuta. Un suo portavoce ha persino aggiunto che l’affermazione sulla non discriminazione dei disabili in tema di aborto rifletteva una visione personale della candidata e non la sua opinione politica.
Le elezioni si sono poi tenute il 12 dicembre, il Partito Laburista ha subito una pesante disfatta, ma il caso Long-Bailey rimane importante perché svela ancora una volta i cortocircuiti della morale attuale, ridefinita di volta in volta e fondata sull’incompatibilità tra rivendicazione della libertà assoluta e diritti umani. Prevale, cioè, il diritto alla non discriminazione o la libertà di una donna di abortire quando vuole, anzi, poter ricorrere all’aborto soprattutto se il suo bimbo è affetto da disabilità?
La cattolica Long-Bailey
Ma c’è un altro motivo per cui bisogna tenere d’occhio questa vicenda: la Long-Bailey è uno dei nomi che si candida con maggior forza alla guida dei Laburisti per impiazzare Jeremy Corbyn. L’episodio di Salford rischia di non essere isolato poiché, durante quell’intervista, la deputata ha affermato, con sincerità e chiarezza particolari, di «non prendere mai in considerazione l’aborto come una possibilità per sé», ma allo stesso tempo di sforzarsi di capire le ragioni per cui una donna potrebbe prendere una decisione simile.
Peccato che la sera dell’intervista nessuno le abbia chiesto come mai lei non ricorrerebbe mai all’aborto. La Long-Bailey sembra infatti contraddirsi, non solo nei princìpi, ma anche nelle intenzioni. Se da una parte ha ribadito le proprie affermazioni sulla discriminazione nei confronti dei bambini disabili che possono essere abortiti fino al termine della gravidanza, dall’altra parte, a metà gennaio, ha sottoscritto un appello in cui si chiedeva ai candidati ai dirigenti del Partito Laburista di impegnarsi a «[…] difendere e ad ampliare i diritti riproduttivi» e ad «[…] opporsi ad ogni tentativo di porre un limite temporale all’aborto».
La Long-Bailey afferma inoltre esplicitamente di essere cattolica, anche se della fede professa una riduzione umanistica fatta di proclami come «[…] la sola società per la quale vale la pena combattere è quella basata sull’amore» e «[…] la fede è spesso l’unica cosa che mi fa andare avanti: prima di addormentarmi prego sempre perché mi sia data la forza di fare la cosa giusta». Forse alla prossima occasione potrebbe essere utile chiederle che società sia quella che sopprime i nascituri nel grembo delle mamme. È una società fondata sull’amore verso il prossimo?